venerdì 23 maggio 2014

Intervista con Adelaide Michelini

Nel post precedente ho raccontato delle riprese del programma televisivo "La buona cucina di Adelaide" della chef romana Adelaide Michelini sul canale Gambero Rosso Channel. Alla fine della giornata di riprese abbiamo fatto l'intervista con Adelaide.



Mi racconti della Sua carriera. Quando e come è nata l'idea di diventare chef?
Cucinare mi è sempre piaciuto, ma in età adulta, da grande. Prima lavoravo per una società internazionale di telecomunicazioni. Ad un certo punto ho provato a prendere dei contatti con Antonello Colonna (un famoso chef romano – nota dell'autore) tramite una mia amica, per poter imparare da lui e capire se la cucina fosse una nuova strada percorribile, solo nei week end, perché in quel momento non potevo permettermi di lasciare il lavoro che facevo. Questa cosa non ha avuto seguito. Nel frattempo ho cambiato lavoro, quindi tutte le mie attenzioni in quel momento si sono focalizzate sulla nuova avventura professionale. Ho rinnovato l’entusiasmo per il lavoro che facevo e quindi non ho più pensato alla cucina.

Ho fatto questo altro lavoro per quattro anni, sono andata a Milano, poi sono tornata a Roma. Ho lasciato la società e ho trovato un altro lavoro. Mentre ero in trattativa per questo nuovo impiego non ero convinta, c’era qualcosa che non andava. Era come se fosse suonato un campanello d’allarme. Allora mi sono fermata per chiedermi “Che cosa voglio fare?”. Ed ho di nuovo pensato alla cucina...

Dopo aver soppesato tutti i pro e contro e aver parlato con il mio compagno, che mi ha appoggiato completamente, ho preso la decisione. Non ho subito capito che la cucina sarebbe stata la mia nuova vita professionale. In realtà ho semplicemente cercato un’altra strada che mi potesse appartenere, non sapevo da subito dove sarei arrivata. Tutto questo è accaduto nel 2009, cinque anni fa, quando avevo già 34 anni.

A questo punto ho cominciato a cercare la scuola di cucina. Sono andata nelle  4-5 scuole che c’erano a Roma in quel momento ed infine ho scelto la scuola del Gambero Rosso.

E così è cominciata la Sua storia con il Gambero Rosso.
Dopo la scuola ho fatto uno stage al Gambero Rosso. Si fà assistenza ai docenti. È un ottima possibilità per continuare ad imparare. Poichè la scuola ti dà molte nozioni in pochissimo tempo, fare lo stage diventa la possibilità di proseguire rimanendo un po’ spettatore, un po’ assistente, ti aiuta a sedimentare tutte le informazioni che hai avuto in brevissimo tempo.

Finito lo stage, sono andata a lavorare in un ristorante in Umbria, da Trippini. È stata un’esperienza formativa importantissima, una grande svolta, non solo nella manualità, ma anche nella costruzione dei piatti. L’apprendimento vero è avvenuto lì.

Poi sono tornata a Roma. Al Gambero Rosso oltre alle Scuole si organizzano degli eventi e agli eventi si può lavorare come “extra”, come si dice in gergo, ovvero se servono degli aiuti cuoco oltre lo staff fisso. Ho cominciato a fare l’extra agli eventi ed ho lavorato molto con Luca Ogliotti, l’Executive Chef del Gambero Rosso. É stata ancora un’esperienza importante. Rispetto al ristorante, soprattutto la piccola realtà locale che ha 20-30 coperti, gli eventi fanno grandi numeri. E poi lavorano legati ad una circostanza, ad una situazione, ad un prodotto. Si impara soprattutto a lavorare sulle quantità, a scegliere il menu giusto per un certo numero di persone. Ad esempio non si può fare per 300 coperti un piatto che ha 10 preparazioni, perché poi per impiattarlo ci si metti troppo. Devi saper calcolare anche la tempistica.

Comunque, dal mio punto di vista, molto personale, il lavoro di cucina è un lavoro di grande organizzazione. È chiaro che devi avere una buona mano, devi conoscere i piatti, devi conoscere la materia, però magari anche con poco puoi fare bene. Se sei disorganizzato, mentalmente, avrai sempre delle difficoltà.  

E’ anche il “Principal Chef Instructor” alle Scuole Internazionali del Gambero Rosso.
Nel 2013 Tiina Eriksson, direttore dell’International Business & Events del Gambero Rosso, ha preso dei contatti con un college importantissimo thailandese, il Dusit Thani College, focalizzato su hotellerie, ristorazione e ricevimento, che è legato ad una delle più importanti catene alberghiere asiatiche, Dusit Thani Group. Hanno chiuso un contratto che includeva corsi amatoriali e professionali.

Occupandomi delle lezioni di teambuilding in inglese, che si fanno all’interno di alcuni eventi privati al Gambero Rosso, sono stata incaricata di sviluppare insieme alle Scuole del Gambero Rosso un programma per l’estero. Quindi abbiamo creato due programmi. Uno per gli studenti ufficiali della scuola, ragazzi giovani, laureandi del College. Di questo si sono occupate le Scuole al 100%. Ho insegnato sul programma che hanno creato loro. Invece tutto il programma dell’area amatoriale, dalle ricette alle idee per i corsi, l'ho fatto io da zero. Tutto questo l’anno scorso.

Quest’anno ci torniamo. Nel frattempo nel giro di meno di un anno le scuole con cui collaboriamo sono diventate quattro. Sono Miami Dade College - Culinary Institute in Florida, di nuovo Dusit Thani College, VTC Vocational Training Council di Hong Kong e una scuola a Seoul.

Oltre a questo ha anche un Suo programma sul canale TV Gambero Rosso Channel.
Sì, si chiama “La buona cucina di Adelaide”. Va in onda tutti i giorni, alle 17 sul canale Gambero Rosso 411 della piattaforma Sky. 

L’idea del programma è proporre una cucina alla portata di tutti, con piatti veloci e ingredienti reperibili. Tendenzialmente sono piatti che con minimo di pratica a casa possono essere replicati da tutti. Magari scelgo un abbinamento che a casa non ti viene in mente o impiatto in modo carino per dare l’idea di una presentazione più curata.

Abbiamo registrato tredici puntate come prima stagione. Poi c’è stata la volontà di procedere da parte di Gambero Rosso e di Sky e quindi abbiamo appena registrato venti puntate nuove.


È il mio programma personale, ovviamente è un riconoscimento, che mi inorgoglisce molto. Mi piace questa esperienza fuori da tutti gli schemi della cucina. Durante la prima tranches di puntate c’era molta agitazione e insicurezza, le puntate sono state registrate tra un viaggio di lavoro e l’altro e non me le sono gustate. Stavolta mi sono divertita di più, è un lavoro comunque molto difficile, che richiede grande concentrazione, ma mi sono sentita più a mio agio sicuramente ora c’è anche più esperienza rispetto alla prima volta.

È innegabile che il programma televisivo ti dà una popolarità, anche se il Gambero Rosso è un canale tematico e il più tecnico dei canali tematici di cucina, su Sky, un piattaforma satellitare, quindi non tutti lo guardano.

La riconoscono per strada?
Mi è capitato una volta, una signora mi ha riconosciuta per strada, sono arrossita e le ho stretto la mano, ero molto emozionata!

Si sono aggiunti tantissimi contatti nuovi su Facebook, che è il mio canale maggiore di contatto con l’esterno, con le persone che non conosco. Mi scrivono, c’è tifo per me, è bello e davvero piacevole.

Fa anche attività in proprio di catering & delivery?
Sì, questa idea è stata una evoluzione naturale. Ho lavorato agli eventi, ho lavorato in due ristoranti, ho scelto di non avere un impiego fisso, ho scelto di non aprire un mio locale o lavorare per un altro chef in un ristorante. Con l’attività di catering non resti sempre legato al menu alla carte che proponi nel ristorante,  che puoi cambiare stagionalmente, ma è sempre quello. C’è spazio per proporre ai clienti cose diverse, puoi fare dei piatti nuovi, puoi proporre dei piatti che sono i tuoi cavalli di battaglia, comunque non sei vincolato a quello che hai nel menu. Insomma si può variare, ed è la cosa bella di questa attività.

Poi c’è l’enorme contatto umano con il cliente, a differenza di quello che accade nel ristorante dove lo chef praticamente non vede e non comunica con quest'ultimo.  

Più che chiamarlo catering, che in realtà è la ristorazione spostata in una location esterna, mi piace di più definire questo tipo di servizio come ristorazione a domicilio. C’è tutta la cura che può portare un ristorante gourmand in casa. Nella tua cucina, o anche nella location esterna se si fanno dei grandi numeri, nel comfort di casa tua vengo io, cucino e tu ti godi la tua serata, questo è il concetto. Lo chef a domicilio lo puoi chiamare non solo per il matrimonio o il battesimo, ma anche per una serata romantica o speciale. Funziona anche per piccoli numeri, è un servizio più a misura del cliente, a 360 gradi. 

Ha mai avuto qualche chef come punto di riferimento?
È senz’altro Paolo Trippini del ristorante Trippini di Civitella del Lago in Umbria, dove ho lavorato. È stato il mio mentore, il mio maestro, lo dico sempre.

Inventa dei piatti nuovi?
Tutti i piatti che stiamo proponendo ora in programma, sono tutti i piatti nuovi. Certo, diciamoci la verità, gli abbinamenti che funzionano sono stati già creati. Un po’ come nella moda. Gli elementi sono quelli, gli abbinamenti li conosciamo. Magari quello che si può fare è un abbinamento classico spostato su qualcosa di alternativo o innovativo, dove posso aggiungere la mia fantasia e la mia mano.


Ha un piatto o un ingrediente preferito?
Mi piace fare i risotti, tantissimo. Amo le paste ripiene, perché sono proprio quelle cose in cui puoi spaziare, puoi fare combinazioni di ingredienti insolite, come più ti piace.

Dovendo scegliere un solo piatto di cucina romana, quale mi consiglierebbe?
La carbonara, la mia però! Infatti, è il piatto che abbiamo registrato anche per la prima puntata del mio programma.

Secondo Lei, in gastronomia, nel modo di cucinare e nel fatto di mangiare ci sono dei trend? Se sì, quali sono gli ultimi trend più in voga?
I trend esistono, sicuramente. Quali sono i trend del momento? Questa domanda mi mette però un po’ in difficoltà, e posso spiegare perché. Mangio poco fuori, e non guardo la cucina in TV, semplicemente per non essere condizionata dalle ricette proposte dagli altri. Ma credo che l’attenzione sia oggi alla cucina orientale, sia per le tecniche che per gli ingredienti. Oltre alla grande qualità degli ingredienti locali, che non sono mai troppo trattati e elaborati.


Che cosa pensa del boom di programmi di cucina in TV, di corsi e scuole di cucina, di food blogs?
Sicuramente questo è un trend. Come tutti i trend è una bolla che cresce, ma poi ad un certo punto si sgonfierà e si fermerà, e credo succederà presto. C’è sicuramente un mix di idee legate a questo mondo che attira. Il fascino dell'autorità altera, in nessun ambiente di lavoro un manager può mai strillarti contro un dipendente come fa uno chef. Poi la curiosità rispetto alcuni personaggi che li rende affascinanti, non a caso quasi tutti i cuochi televisivi sono uomini perché la cucina in TV la guardano le donne.   

A proposito di uomini, è difficile per una donna farsi strada in questo ambiente al maschile? Si è mai trovata in difficoltà o avuto degli ostacoli?
No, non mi trovo in difficoltà. Diciamo che è semplicemente un lavoro più duro per una donna. Al di fuori della televisione, che è un mondo dorato, è un lavoro pesante, stancante fisicamente e mentalmente. Io lo dico sempre che è un lavoro per uomini. In ristorante si lavora la sera, fino a tardi, si lavora la domenica, si lavora nei giorni di festa. Si lavora in piedi, per tante ore, senza fermarsi, senza distrarsi, senza mangiare. D’estate si lavora in cucina con 40 gradi fuori e 50 gradi dentro. Si tirano su pesi. Quando sei l’ultimo arrivato ti tocca di fare i lavori più umili. La cucina è un po’ come l’esercito, dove non c’è molta democrazia. E questo per molti giovani è duro, non solo per le ragazze. Pensano che basti fare un corso, mettere la giacca e cappello e diventi chef. Non è così.

Credo che semplicemente c’è stata una selezione naturale per la quale fino a poco tempo fa non ci sono state dei grandi chef donne. Mamme e moglie semplicemente non ce la facevano fare anche questo. Poi ovviamente tutto è cambiato e negli ultimi 10 anni c’è stato un boom, un’esplosione di donne in cucina.

Per finire qualche parola sul Suo rapporto con Roma. 
Sono nata a Roma. È una città che amo molto e credo che solo chi ci è nato la possa capire fino in fondo ed accettarne gli enormi difetti. Secondo me è una città-mamma, è una città bella perché chiunque arriva ci stringiamo un po’ e facciamo spazio (mentre pronunciava queste parole Adelaide si è emozionata tantissimo e le brillavano gli occhi – nota dell’autore). E questo mi piace molto. È una città che ti dà qualcosa nello spirito. La romanità vera, quella di Trilussa, di Gioacchino Belli, con quell’ironia inconfondibile ti aiuta un po’ a vivere la vita.

Ci sono posti bellissimi nel mondo, ma Roma è Roma, e lo dico con grande orgoglio. Non lo sapevo prima, ma poi ho vissuto lontano da Roma, ho viaggiato tanto, e così ho capito quanto sono legata a questa città.

Il Suo indirizzo o posto preferito a Roma?
Un posto che mi piace tanto, dove porto tutte le persone che mi vengono a trovare è Campidoglio. Mi piace salire a Campidoglio, attraversare la piazza e poi scendere dall’altra parte verso i Mercati Traianei che sono una delle parti più belle del Foro Romano.

Roma è piena di angoli bellissimi. C’è il Portico d’Ottavia al ghetto, piazza Mattei. C’è piazza Farnese. Uno dei posti che mi toglie proprio il fiato sono i tetti di Campo dè Fiori dietro la statua di Giordano Bruno guardati da sotto. Quella statua severa, poi alzi il naso e guardi il cielo blu di Roma e vedi quelli tetti là. É una emozione!

Fotografie - Antonio De Paolis