giovedì 27 luglio 2017

Intervista con Esteban Villalta Marzi

Era già da un bel po' che volevo intervistare Esteban Villalta Marzi, uno dei più brillanti artisti contemporanei e massimi esponenti del movimento di pop art europea, ma non si riusciva mai a trovare il momento giusto. Ed ecco che finalmente ci siamo incontrati alla vigilia delle due sue personali a Napoli e Lima. Esteban ci ha invitato a casa sua, in pieno centro di Roma, qui ha anche l'atelier dove lavora. Con lui c'era anche la sua "mujer" spagnola, la nota direttrice creativa di pubblicità Patricia Pascual Pèrez-Zamora che dal 2013 dirige anche la sua carriera artistica dal punto di vista pubblicitario.



Quello che amo delle persone creative è che sono completamente fuori dagli schemi, originali ed imprevedibili, non sai mai cosa aspettarti da loro. Esteban ha solo confermato questo mio pensiero. Non ha solo risposto a tutte le mie domande, ma ha anche accettato di posare per un photoshooting nel suo atelier e poi ci ha sorpreso tutti preparando un pranzo da chef stellato - pasta allo scoglio ad arte, meglio di tanti ristoranti. Confermando che le persone con talento sono talentose in tutto. Così il nostro incontro è diventato per me subito indimenticabile e molto personale.





Metà italiano e metà spagnolo, in un primo momento Esteban non mostra affatto l'esuberante temperamento mediterraneo e anzi sembra quasi un po' timido. Ma quando cominci a parlare con lui, esce fuori una persona allegra e socievole, con una vita ricchissima e colorata, piena di eventi e ricordi. Esteban è nato a Roma nel 1956 nella famiglia del pittore spagnolo Mariano Villalta. Si è diplomato alla Accademia di Belle Arti a Roma. Ed è proprio da qui che cominciamo la nostra conversazione.

Esteban, allora possiamo dire che già da ragazzino sapeva che voleva fare questo mestiere.
Sì, mio papà era pittore ed io già da piccolo dipingevo, disegnavo.

Quindi praticamente non aveva mai i dubbi su cosa fare nel futuro.
Esatto! Però all’Accademia ho studiato scultura. Ho cominciato con la pittura ma poi ho visto che erano tutte cose che già conoscevo e così sono passato alla scultura. Allo stesso tempo mi ero iscritto anche ad architettura, volevo abbinare tutte e due cose, ma poi mi sono fermato alla scultura.

E adesso lavora ancora con la scultura?

No, la lasciai perché è troppo lenta, difficile cambiare idea, io sono più immediato.

Quanto impiega per fare un quadro di dimensioni medie?

Una settimana – 10 giorni. Poi dipende ovviamente, non è sempre la stessa cosa.

Ha un orario di lavoro?

Sono molto libero, a volte dipingo di notte, a volte la mattina presto.




Quanto conta per un artista essere disciplinato, puntuale, costante?
Devi essere molto indisciplinato! Altrimenti non sei creativo, diventi un impiegato.

E quando deve produrre tanti quadri, magari per una mostra o su ordinazione?
Allora ricevi un input, lavori di più in quel periodo, sei più motivato.

La motivazione diventa l’ispirazione?
Sì, sicuramente, perché fai delle cose nuove.

In generale quali sono le cose che La ispirano?
Tutto quello che vedo nel mio quotidiano: le persone, le loro storie, gli oggetti, non per niente faccio pop art. Il culto del feticcio, il culto per la merce. E poi metto tutto in corto circuito e mescolo tutto questo con il barocco. Quello che piace a me è impattare contro lo spettatore, fare dei quadri d’impatto. Ad esempio, io faccio con i fumetti la stessa cosa come Tarantino con il cinema che parte dai B movies che non rientravano nel sistema hollywoodiano li remixa e crea dei capolavori. Nel cinema mi piace il momento culminante o quel momento che ti fa capire tutto e ti inchioda. La stessa cosa anche in pittura, cerco di catturare lo spettatore.

E i viaggi La ispirano?
Mi piacciono, ma per rilassarmi, per stare bene. Cerco di prendere solo per me quel momento, non per il lavoro.




Quanto è importante per Lei essere compreso da chi guarda le Sue opere, far arrivare il Suo messaggio? Oppure l'importante è la scossa emotiva e lascia che lo spettatore decida da solo che cosa vedere nei Suoi lavori?
Per me l’importante che il mio quadro tocchi lo spettatore. Prima arriva l’impatto e poi la lettura che può anche non corrispondere esattamente al mio messaggio iniziale. L’importante è se piace o no, l’emozione, l’elettricità che trasmetti. Spostare, scuotere, sorprendere lo spettatore, ecco che cosa voglio. 

Ha mai avuto dei punti di riferimento nell'arte?
Sì, certo. Quando cominciavo con l’astratto, il mio riferimento era la pittura spagnola, Manolo Millares, Joan Mirò, ho addirittura fatto la tesi sui quadri di Mirò e poi ho fatto una installazione e una personale nella Fondazione di Joan Mirò a Palma di Maiorca.

Tra gli altri nomi ci sono Andy Warhol, i graffitisti americani che ho avuto il modo di conoscere negli anni 80 a Bologna quando vennero portati da Francesca Alinovi, la famosa critica d’arte, era la prima che portò gli artisti newyorkesi contemporanei in Italia tra cui Keith Haring.

E adesso si interessa di arte contemporanea? Segue altri artisti? Frequenta le mostre, le Biennali? O al contrario cerca di essere distaccato per non essere contaminato?
Sì, assolutamente, vedo tutto, frequento tutto, vado alle inaugurazioni, mi interessa tutto. Non ho paura di essere contaminato, ormai ho il mio stile e linguaggio pop.



Non ha mai avuto un momento in cui avrebbe voluto mollare tutto?
É un mondo difficile, sei sempre in prova, c’è chi non ce la fa e molla tutto, cambia mestiere. Io non ho mai avuto in mente di smettere. C’è stato un periodo negli anni 80 quando mi piaceva essere un artista multimedia, però sempre con la pittura. Allora facevo dei graffiti, collaboravo nel mondo della moda, dipingevo sui vestiti. Per fare questo lavoro bisogna essere coraggiosi e non permettere agli eventi della vita e alle persone di farti influenzare.

Si sente più italiano o spagnolo?
Spagnolo, ma non lo scrivere, siamo in Italia (ridiamo tutti – ndr)! Seriamente, unisco in me le due culture, ma quella che forse esce di più è quella spagnola. Unisco l’idea drammaturgica del mondo spagnolo con il teatralismo narrativo italiano. E come trait d’union tra queste due culture metto il barocco.




Ho vissuto a Madrid per tanti anni. Ho avuto la borsa di studio nella “Casa de Velàzquez”, ho fatto parte del movimento artistico della “Movida Madrilena”, lavorato con la prestigiosa galleria di Juana de Aizpuru, partecipato alla prima “Biennale di Arte Mediterranea” a Barcellona insieme ad artisti come Andrea Pazienza, Pedro Almodovar, Alberto Garcia-Alix, Eva Liberty, Carlos Ceesepe, Fabio McNamara. Con alcuni siamo diventati amici che frequento ancora. All’epoca Madrid era molto divertente. Mi ricordo che tornavo a casa dalle feste a mezzogiorno del giorno dopo, riposavo fino alle 6 di sera, poi dipingevo fino a mezzanotte e dopo mezzanotte uscivo di nuovo.

Altro che New York, la città che non dorme mai!
Infatti, Madrid era fantastica! C’era un famoso slogan “Madrid me mata, Madrid mi uccide!”. Era molto dinamica, molto creativa, molto vivace.


E oggi, secondo Lei, esistono dei gruppi di artisti, dei movimenti, come negli anni 80-90?
No, oggi tutti lavorano più a livello individuale. Erano altri tempi, oggi sarebbe impossibile. In Spagna era finito il regime di Franco, in Italia il periodo delle contestazioni politiche. Ribellione, creazione, potere all’immaginazione questi erano le parole chiavi di quei tempi. Era bello, ma con il tempo le cose si spengono. Diciamo che dopo quel periodo c’è stato un gap generazionale.

Era un po’ come Parigi anni 20, un periodo d’oro.
Sì, esatto! Tra l’altro ho vissuto anche a Parigi. Ho avuto una borsa di studio a Ginevra al Musèe d’Art et Histoire. É perfetta per gli studi, per dipingere al lago, ma diciamo che non è una città molto divertente. Così ogni giovedì prendevo un TGV per andare a Parigi dove avevo preso un piccolo appartamento, molto parigino, al primo piano, con una scala stretta. Li avevo molto amici. E anche i galleristi francesi erano molto disponibili.

Quanto è importante la figura di gallerista per un artista, nella sua carriera?
Una volta era molto importante. Oggi non è più così. C’è la crisi, le gallerie chiudono.

Se uno vuole vedere e magari acquistare le Sue opere, come può fare?
Patrizia: Ci può contattare on line dal sito web e tramite i socials (pagina Facebook e Instagram). Anzi, grazie a questi ultimi strumenti si è stretto molto il rapporto con i fans, è diventato più facile socializzare, sopratutto con quelli che non sono a Roma o in Italia. É bello vedere che la tua arte diventa universale, globale. Questa è la cosa positiva dei canali social. E poi c’è lo studio a Roma, eventualmente si può mandare la richiesta per un appuntamento. Inoltre organizziamo per alcuni nostri amici e amici degli amici gli Open Weekend una o due volte l’anno. É l’occasione per vedersi, parlare e anche vedere delle opere.

Patricia Pascual Perez-Zamora

Qualche parola sulle Sue prossime mostre "Carattere POP" a Napoli e Lima.
A Napoli la mostra inizia il 7 settembre, nel bellissimo spazio, al PAN Palazzo delle Arti. Sono contento perché a Napoli ho anche vissuto, negli anni ‘80 lavoravo con un gruppo che si chiamava TamTam portato avanti da Lorenzo Mango. Eravamo due romani e 4 napoletani. Avevamo occupato una ex-scuola e li avevamo gli studi dove rimasi per 6 mesi dipingendo. E sotto avevamo aperto anche una galleria che si chiamava “Idra Duarte”, fu molto famosa in quegli anni a Napoli, la prima galleria autogestita. Dopo sono tornato e fatto altre personali. E adesso finalmente dopo tanti anni ritorno, con molto piacere, in uno spazio enorme, che mi piace molto, dove posso presentare i lavori che piacciono di più a me, le mie opere migliori passate e presenti. Sarà un percorso storico attraverso i vari miei cicli pittorici e personaggi storici.

Per Lima sono anche molto contento. Un altro spazio enorme, sempre un museo. É la mia prima esposizione in Sudamerica. Non conosco Lima, sarà un’ottima occasione per farlo.



Vorrebbe dare un consiglio ai giovani artisti, per chi vuole entrare nel mondo dell’arte?
No no, non posso dare consigli (ride – ndr)!

Invece il miglior consiglio che abbiano mai dato a Lei?
Mi ricordo mio padre che mi diceva: “Che fai, vuoi dipingere? Ma lascia perdere!” (ridiamo tutti fragorosamente – ndr). Però a quei tempi di artisti, pittori non ce n’erano tanti. Eri più rispettato, si vendeva più facilmente ed era una cosa romantica, la pittura e l'essere pittore.

Scherzi a parte, dopo Suo padre l’ha appoggiato?
Sì sì! Purtroppo mio papà morì molto giovane, era un amico per me.




Per concludere qualche parola sul Suo legame con Roma. Che cosa ama o non ama particolarmente di questa città e della sua gente?
Roma è cambiata molto. Mi piace, ci sono tanti posti carini, ma quello che oggi davvero mi da fastidio è questo turismo di massa, il centro è sempre affollato, non puoi camminare per strada, ci sono tanti pullman in giro. Campo dè Fiori non è più quello di una volta, non ci sono più le bancarelle quelle vere, il mercato prima era tanto divertente, la gente che gridava dai banchi, ora tutto è in funzione di turisti. Non ci sono più i negozi e le botteghe degli artigiani, ora ci sono solo dei mini-market e negozi di souvenir. Sembra che lentamente spariscano le cose autentiche. 

Qualche Suo posto preferito a Roma?
Le mie zone a Roma sono Campo dè Fiori e Trastevere. Mi piace Camponeschi a piazza Farnese, è un posto molto tranquillo dove si incontrano anche gli artisti. Fanno dei buonissimi Margherita, il servizio è ottimo, la gente è molto simpatica. Poi un baretto in Largo dei Librai e un altro a San Calisto in Trastevere, sono quei posti che non sono mai cambiati, rimasti uguali nel tempo. A cena mi piace andare all’Antica Pesa, un posto molto ben frequentato, li conosco dai tempi di mio padre, hanno una bella collezione d’arte e anche un mio murales e dei miei quadri. 


Fotografie - Antonio De Paolis

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Интервью с Эстебаном Виллальта Марци

Интервью с Эстебаном Виллальта Марци, одним из самых ярких современных художников и главных представителей направления pop art, я планировала уже давно, но все никак не получалось. И вот, наконец, мы встретились, в преддверии его двух персональных выставок, которые пройдут осенью в Неаполе и Лиме. Эстебан пригласил нас к себе домой, в самом сердце Рима, где у него расположено и ателье, в котором он работает. Вместе с ним нас встретила его "mujer", известная в мире рекламы арт-директор испанка Патриция Паскуаль Перез-Замора, которая с 2013 года занимается артистической карьерой Эстебана с точки зрения рекламы и PR .



Что мне нравится в творческих людях, так это то, что они совершенно нестандартные, непредсказуемые, не знаешь, чего от них ожидать. Эстебан лишь подтвердил эту мою мысль. Он не только ответил на все мои вопросы, но еще и согласился на фотосессию в своем ателье, а потом совершенно поразил нас, приготовив обед как настоящий шеф - pasta allo scoglio по всем правилам, даже не во всех ресторанах такую можно отведать! Подтвердив, что талантливые люди талантливы во всем! Так наша встреча вошла для меня в копилку моих личных самых дорогих воспоминаний, которым нет цены и которые всегда будут тебя сопровождать.






Наполовину итальянец, наполовину испанец, на первый взгляд Эстебан совершенно не демонстрирует свой гремучий южно-средиземноморский темперамент и даже кажется слегка застенчивым. Но, когда начинаешь с ним разговаривать, открывается веселый, общительный человек, с богатой личной историей и неординарной жизнью, наполненной событиями и воспоминаниями. Эстебан родился в Риме в 1956 году в семье известного испанского художника Мариано Виллальта. Закончил римскую Accademia di Belle Arti. И именно с этого мы и начинаем наш разговор.

Эстебан, можно смело сказать, что Вы уже с самых юных лет точно знали, что хотели стать художником!
Да, мой папа был художником, и я с самого детства рисовал. 

Значит, не было никаких сомнений насчет будущей профессии.
Да, именно так! Но в Академии я изучал скульптуру. Я начал с живописи, но сразу же понял, что все уже знал из того, что мы проходили, и тогда я решил перейти на отделение скульптуры. В то же самое время я записался и на архитектуру, мне были интересны обе дисциплины, но в итоге я остановился на скульптуре.

А сейчас Вы работаете со скульптурой?
Нет, я оставил ее, потому что она слишком медленная для меня, я более импульсивный, а в скульптуре сложно что-то менять в процессе.

Сколько времени у Вас занимает написание одного полотна средних размеров?
Неделю - 10 дней, но на самом деле это зависит от многих факторов, каждый раз по-разному. 

Вы работаете по расписанию?
У меня очень свободный график, иногда я пишу ночью, иногда рано утром.




Какое значение имеют для художника дисциплина, пунктуальность, постоянство?
Художник должен быть очень недисциплинированным! Иначе это уже не творческий человек, а служащий. 

Ну а когда нужно написать много картин, например, на заказ или для выставки?
Тогда ты получаешь импульс, начинаешь больше работать в тот момент, чувствуешь себя более мотивированным.

Мотивация становится вдохновением?
Да, безусловно, потому что в тот момент работаешь над чем-то новым.

А вообще в целом, что Вас вдохновляет?
Все, что я вижу в моей повседневной жизни: люди, их истории, предметы, неслучайно я работаю в жанре pop art. Культ, фетиш. А потом я замешиваю все это с барокко. Мне нравится производить впечатление на зрителя. Например, порой я отталкиваюсь от какого-нибудь комикса, как Тарантино в кино с B Movies. Кстати, вот в кино, например, мне нравится момент кульминации или развязки, который завораживает. Так и в моей живописи, я стараюсь захватить внимание зрителя, смотрящего на мои полотна. 

А путешествия вдохновляют Вас?
Мне нравится путешествовать, но для отдыха, чтобы расслабиться. Обычно я стараюсь посвятить этот момент только себе, а не работе.




Насколько для Вас важно быть понятым зрителем, донести до него Вашу мысль? Или же важнее эмоциональная встряска, а дальше уже каждый может видеть что-то свое в Ваших произведениях?
Для меня важно, чтобы моя картина задела зрителя. Сначала всегда происходит "столкновение", и уже только потом начинается поиск значения, которое необязательно должно совпадать с моей первичной задумкой. Главное, нравится картина или нет, какие эмоции она создает, дает ли электрический заряд. Сдвинуть, встряхнуть, удивить зрителя - вот, что я хочу.

Были ли у Вас фигуры-ориентиры в мире искусства?
Да, конечно. Когда я начинал, в области абстрактного, я черпал вдохновение в испанской живописи, произведениях Маноло Мийареса, Хуана Мирó. Кстати, моя дипломная работа была как раз посвящена работам Мирó, а позже я создал инсталляцию для культурного фонда Хуана Мирó в Пальма ди Майорка и имел там мою персональную выставку.

Из других имен могу назвать Энди Уорхолла, американских граффитистов, с творчеством которых я познакомился в 80-е годы в Болонье, которых привезла туда известная арт-критик Франческа Алинови. Она одной из первых привезла в Италию современных нью-йоркских художников, в том числе и Кейта Херинга.

Вас по-прежнему интересует современное искусство? Вы следите за другими художниками, посещаете различные биеннале, выставки? Или же напротив держитесь в стороне, чтобы не попасть под чужое влияние?
Я за всем слежу, хожу на вернисажи и инаугурации, общаюсь с художниками, мне все интересно. Я не боюсь чужого влияния, у меня уже сформировался мой собственный язык и стиль.



Вас никогда не посещало желание все бросить, оставить искусство?
Искусство - это сложный мир, ты как будто все время сдаешь экзамен, конечно не все справляются с таким давлением и напряжением и некоторые все бросают или меняют профессию. У меня никогда не возникало такой мысли. Был момент в 80-е годы, когда мне нравилось быть полифункциональным артистом, но не покидая мира живописи. Я рисовал граффити, сотрудничал с миром моды, расписывал некоторые наряды. Чтобы работать и выжить в этом мире, нужно иметь определенную долю храбрости и силы и не позволять жизненным ситуациям и другим людям влиять на тебя. 

Вы чувствуете себе больше испанцем или итальянцем?
Испанцем, но не пиши, мы все-таки в Италии (смеемся - прим. авт.). Если серьезно, во мне смешаны две культуры, но сильнее во мне проявляется испанская. Я объединяю испанскую драматичность и итальянский театрализм, связывая их барокко. 




Я прожил в Мадриде много лет. У меня была там стипендия от "Casa de Velázquez", я участвовал в творческом движении "Movida Madrilena", работал с престижной галереей Juana de Aizpuru, принял участие в первой Biennale di Arte Mediterranea в Барселоне вместе с такими творческими личностями как Андреа Пациенца, Педро Альмодовар, Альберто Гарсия-Аликс, Ева Либерти, Карлос Чизепе, Фабио МакНамара. С некоторыми из них мы подружились и до сих пор поддерживаем отношения. В ту эпоху Мадрид был очень живым городом. Помню как я приходил с вечеринок домой в полдень следующего дня, спал до 6 вечера, потом рисовал до полуночи и потом снова уходил на вечеринки, и так каждый день. 

Покруче Нью-Йорка, город, который никогда не спит!
Да, Мадрид был прекрасен в то время. Даже существовала фраза "Madrid me mata, Мадрид убивает меня!". Это был очень динамичный, креативный, праздничный город.


А сегодня, на Ваш взгляд, существуют артистические движения, течения, группы, как в 80-90 годы?
Нет, сегодня все работают на индивидуальном уровне. То были другие времена, сегодня такое невозможно представить. В Испании тогда только-только закончился режим Франко, в Италии был период политических протестов. Мятеж, творчество, власть воображения - это были ключевые слова того времени. Все это было здорово, но с течением времени все сходит на нет. После того яркого периода случился generation gap. 

Те времена напоминают Париж 20-х годов прошлого столетия, золотой период.
Да, совершенно точно! Кстати, я пожил и в Париже. У меня была стипендия от женевского Musée d'Art et Histoire. Женева прекрасно подходит для учебы, для зарисовок на берегу озера, но, скажем так, она скучновата. Поэтому каждый четверг я садился на поезд TGV и ехал в Париж, где у меня была небольшая типичная парижская квартирка, на втором этаже, с узкой лестницей. Там у меня было много друзей. Да и французские галеристы были очень расположены к сотрудничеству.

Насколько важен хороший галерист для художника, для карьеры?
Когда-то галеристы были очень важными фигурами. Сегодня все изменилось. Плюс кризис, многие галереи закрываются. 

Как с Вами могут связаться желающие посмотреть и, возможно, приобрести Ваши произведения?
Патриция: с нами можно связаться через веб-сайт и через соцсети (страница Facebook и Instagram). Более того, именно благодаря последним отношения с поклонниками творчества Эстебана стали намного ближе, стало намного проще общаться, особенно для тех, кто находится не в Риме или Италии. Очень приятно видеть, как твое искусство преодолевает границы, становится глобальным, универсальным. Это однозначно позитивная сторона соцсетей. Кроме этого у нас есть ателье в Риме, достаточно отправить нам заявку о встрече. И, наконец, время от времени мы организуем для некоторых наших друзей и их друзей так называемые Open Weekend 1-2 раза в год. Это прекрасный повод повидаться, поговорить и посмотреть на работы Эстебана.

Patricia Pascual Perez-Zamora

Несколько слов о двух грядущих персональных выставках "Carattere POP" в Неаполе и Лиме.
В Неаполе выставка открывается 7 сентября, в прекрасном месте - PAN Palazzo delle Arti. Я очень рад, потому что в Неаполе я пожил некоторое время, когда в 80-е годы работал с группой TamTam. Она состояла из 2 римлян и 4 неаполитанцев. Мы оккупировали одну бывшую школу, в которой организовали студию, где проработали 6 месяцев. Там же мы открыли и независимую галерею Idra Duarte, ставшую известной в те годы. После этого я еще неоднократно возвращался в Неаполь, с разными персональными выставками. И вот наконец после долгого отсутствия я возвращаюсь туда с большим удовольствием. Выставочное пространство там огромное, мне оно очень нравится, я смогу представить там многие мои любимые работы, из прошлого и настоящего. Это будет своего рода исторический экскурс в мое творчество через мои различные циклы и персонажи. 

Я очень доволен и выставке в Лиме. Там тоже будет задействовано огромное пространство. Это моя первая экспозиция в Южной Америке. Я не знаком с Лимой, так что это будет прекрасный повод познакомиться поближе.



Хотели бы Вы дать какой-нибудь совет начинающим художникам, тем, кто хочет попасть в артистический мир?
Нет-нет, никаких советов от меня (смеется - прим. авт.).

А какой лучший совет дали Вам в свое время?
Помню как мой отец говорил мне: "Ты что, и вправду хочешь быть художником? Брось пока не поздно!" (все хохочем - прим. авт.). В ту эпоху художников было совсем немного. Но их уважали, было легче продавать работы, это было романтическое  занятие, быть художником.

Ну а если серьезно, впоследствие Ваш отец поддержал Вас?
Да-да, конечно! К сожалению, он слишком рано ушел из жизни, он был настоящим другом для меня.




В заключение несколько слов о Вашей связи с Римом. Что Вы любите и не любите в этом городе?
Рим очень сильно изменился. Мне нравится этот город, здесь много симпатичных мест, но что меня действительно раздражает - так это массовый туризм, центр постоянно переполнен, невозможно идти по улицам, повсюду туристические автобусы. Campo dè Fiori уже не то, здесь уже не осталось настоящих прилавков, раньше рынок был настоящим театром, сейчас все нацелено только на туристов. Не осталось аутентичных магазинчиков и ремесленных лавочек, теперь повсюду только мини-маркеты и сувенирные магазины. 

Ваши любимые адреса в Риме?
Мои районы - это Campo dè Fiori и Trastevere. Мне нравится бар и ресторан Camponeschi на площади Farnese, это очень милое место, в котором часто можно встретить художников. Там делают отличный коктейль Margherita, высокий уровень обслуживания, очень приятный персонал. Еще мне нравится один бар на Largo dei Librai и другой на San Calisto в Trastevere, это те места, которые остались неизменными на протяжении многих лет. На ужин мне нравится ходить в Antica Pesa, ресторан, любимый многими голливудскими и итальянскими звездами, я знаю его еще со времен моего отца, у них прекрасная коллекция искусства, в которую включено несколько и моих работ.


Фотографии - Антонио Де Паолис

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martedì 18 luglio 2017

Wisdomless: studio tattoo e progetto lifestyle

Wisdomless l'ho scoperto durante l'International Tattoo Expo tenutosi a Roma nel maggio di quest'anno. Il loro box, con lo stile un po' boudoir, un po' English club, non poteva non attirare la mia attenzione. E anche il tatuaggio che stava facendo uno dei loro tatuatori era meraviglioso: pizzo nero con delle rose rosse sulla schiena di una ragazza.




Avevo subito pensato che sarebbe interessante scoprire di più su di loro e così deciso di visitare il loro studio in centro di Roma, in una delle traverse di via del Governo Vecchio. Anche perché era già da un bel po' che volevo raccontare il mondo dei tattoo club da vicino. Così ho conosciuto Fabrizio Ghilardi, uno dei soci fondatori di Wisdomless, con il quale abbiamo fissato l'appuntamento in una calda mattinata di giugno.



Mentre stavo andando all’incontro non potevo neanche immaginare che mi aspettava molto ma molto di più di un semplice studio di tatuaggi. Con Fabrizio ci siamo incontrati davanti all'ingresso dello studio. Mi ha subito detto che in questi giorni stavano lavorando su una nuova sede, giusto qualche metro più in là. Ha proposto di dare un'occhiata spiegando che in realtà si tratta non solo di studio di tatuaggi, ma di tante altre cose.


Fabrizio Ghilardi

E così, inaspettatamente, mi si è aperto un mondo intero dietro una porta antica, che solo Roma può regalare a chi è curioso. Uno spazio multilivello consistente di vari locali, piccoli e grandi, e addirittura un cortile interno. Alcuni ragazzoni con barba coperti di tatuaggi stavano trapanando, misurando, martellando, segando qualcosa. Tutto lo spazio era ancora spoglio e appena cominciava a prendere forma. Ma Fabrizio riuscì a raccontare in modo così realistico della nuova idea ("Qui ci sarà un piccolo cinema e qui la mia stanza segreta, dietro lo scaffale con i libri") che era già facilissimo immaginare quanto bello e raffinato diventerà tutto questo!


Si tratta di un concetto completamente nuovo che va oltre al semplice tattoo studio. Sarà un vero e proprio club privato Wisdomless. Wisdomless come lifestyle, come modo di vivere. Mentre mi stava mostrando lo spazio, salendo e scendendo le scale, Fabrizio raccontava:

- Questo spazio è importante perché prima dello sventramento fatto dai piemontesi quando hanno occupato Roma questa era un’insula della famiglia Boncompagni che sono Duchi di Sora nel Frosinate, e questa infatti è via Sora. I Boncompagni avevano qui il loro palazzo. Dove siamo adesso c’è stata l‘Accademia dei Quirini, era un’accademia pontificia, che si era scissa dall’Arcadia nel ‘700. Nel ‘800 c’è stata la fanteria pontificia, quindi ha mantenuto una certa importanza. Oggi cerchiamo di riattivare l’Accademia dei Quirini.

Per noi questo spazio è stato determinante, ha riportato alla luce la nostra vocazione, quella di essere un po’ flâneur, un po’ surrealisti che girano per Roma importando bellezza ed eleganza. Faremo delle passeggiate “disorientanti, estetiche e banali”, come facevano a Parigi negli anni 20 i surrealisti. Sarà il modo di portare la nostra eleganza in un contesto difficile. Oggi l’eleganza non ha grande attenzione, grande interesse. Però quasi come prima, mentre tutti andavano vestiti bene e i punk erano degli elementi di rottura, oggi siamo noi i punk perché siamo elementi di rottura rispetto al brutto. Su questo abbiamo innestato anche il nostro stile di vita. 

Quindi, il piccolo studio che abbiamo 20 metri più in la, che è un luogo elegante per parlare di tatuaggi, qui viene esteso e allargato e diventa il club, come fosse un circolo di scacchi o di caccia. Un po’ stile British, un po’ coloniale. Oppure immagina “Il giro del mondo in 80 giorni" di Jules Verne, quando i protagonisti al ritorno raccontano le loro esperienze. Un po’ come al National Geographic: dopo un viaggio di scoperta devi relazionare. Vogliamo fare un posto del genere. Svilupperemo una serie di temi e attività culturali.

- Allora è un progettone, non un semplice trasferimento!
- Sì, è un grande progetto, perché Wisdomless in se nasce come un progetto più ampio, come stile di vita. Ci sono 3 filoni principali. Uno è quello del tatuaggio, Wisdomless Ink, perché avevamo dei bravi tatuatori, e continuerà ad andare perché è comunque di successo, anche dal punto di vista economico.




L’altro è Wisdomless & Hungry che ha accolto e sviluppato tutto quello che è il tema food & beverage, clubbing, ristorante, la parte dello stile di vita del gentiluomo che sa che cosa bere e mangiare e dove andare, come comportarsi a tavola.

Nel club ci sarà un dress code, molto dandy. E così la terza direzione è proprio quella dell’abbigliamento. Da una parte abbiamo una passione per il vintage, verso il recupero, il passato, abbiamo una grossa collezione di vestiti anni 20-30-40. Dall’altra parte abbiamo una selezione di fashion designers che creeranno qualcosa di nuovo però sempre con un occhio verso il passato.

- Torniamo un po’ indietro: com'è nata l'idea di Wisdomless? E perchè questo nome, Wisdomless?
- E’ nato qualche anno fa e si è innestato su quello che era già il nostro studio di tatuaggi con un altro nome ma sempre seguendo alcuni temi che abbiamo recuperato con questo marchio. Il nome “Wisdomless” è un po’ per giocare sul fatto di essere senza giudizio, ed infatti il simbolo è il dente del giudizio. Tra l’altro l’hanno tatuato ormai qualche centinaio di amici e seguaci, è diventato un segno di appartenenza. Oggi Wisdomless è una specie di clan.




- Avete anche uno studio a Copenhagen.
- Con la Danimarca ci sono vari collegamenti. Uno perché ho vissuto li vicino, in Svezia, per più di 20 anni, ho 2 figlie grandi per metà svedesi. Poi, la Danimarca è stato il primo paese europeo che ha avuto uno studio di tatuaggi, a Nyhavn, in quello che all’epoca era il porto nuovo, ovviamente parliamo del ‘600. Oggi si chiama ancora così, ma ormai è il porto antico della città. E proprio in una di quelle botteghe lì c’è stato il primo studio di tatuaggi in Europa, almeno secondo una serie di fonti. E a questo punto abbiamo detto “Dai, sbarchiamo anche noi in Danimarca!”, un po’ per motivi personali, un po’ per la storia.

Sai, mi sembra che a volte nella vita tutto prenda delle strane forme provvidenziali o comunque si accomoda un po’ il caos degli eventi. Sembra che ci sia una guida sottile che ci continua ad orientare, che ci spinge nella direzione che a noi sembra giusta.

- Non vi spaventa questo momento difficile per fare un passo così importante, di crescita e di ulteriore investimento? O non bisogna aspettare il momento perfetto per cominciare qualcosa perché tanto non arriverà mai e bisogna buttarsi?
- Sì, esattamente. Noi viviamo molto “Hic et Nunc” (“Qui ed ora” - ndr), stiamo vivendo adesso e in questo momento, nel presente. C’è il posto, ci sono i soldi, allora ci si butta in una nuova avventura. Certo, a Roma in questo momento stanno chiudendo molti locali storici, dei club. Per certi versi va bene, ma dall’altra parte non è una buona cosa, io sono dell’idea che sia necessaria una sana concorrenza. Credo che una città come Roma abbia necessità di tanti luoghi. Una nuova apertura genera interesse, movimento, flusso che a sua volta fa girare l’economia.

Il nostro sarà un club privato e crediamo che a Roma un posto del genere non c’è. Bisognerà iscriversi ed essere presentato da un socio. Cercheremo di proporre questo tipo di associazione su due piani. Ovvero un piano che è più profondo perché magari voi siete romani, quindi state qui e partecipate nelle attività con una certa continuità. Però magari sarà aperto anche per gli amici, ad esempio una coppia dalla Russia in vacanza a Roma. L’importante che hanno un certo tipo di stile che corrisponde ai nostri standard.

- Diciamo che anche con questo cercate di promuovere il concetto di eleganza.
- Sì, perché credo che l’eleganza sia uno dei tratti fondamentali che distingue l’uomo.


- Si può imparare l’eleganza?
- Temo sia innata, però si può migliorare molto l’aspetto esteriore. Ci sono cose che tu non sai ma le puoi apprendere, puoi lavorarci sopra. Una volta c’era il galateo che era la base, era obbligatorio. Oggi molte cose si sono perse. Invece a noi piace continuare a dar vita a queste cose, ai nostri piaceri e alle nostre necessità nel nostro spazio.

I giovani che vengono da noi vedono degli ex ragazzi, ma ancora molto briosi, con la voglia di fare, per loro è bello, si legano volentieri. E per noi è un successo personale, crescerli sperando che un giorno potranno prendere il nostro posto. Anche perché io voglio scrivere, leggere, fare altre cose, vorrei tornare in una foresta in Svezia.


- Sei un sognatore!
- La differenza dagli altri sognatori è che io non solo sogno, ma riesco anche a realizzare i miei sogni.

- Perché hai una bella dose di realismo.
- La mia dose di realismo sono i miei amici. Ho degli amici meravigliosi, tante volte i miei sogni loro li sognano prima di me e quando apro gli occhi li hanno già realizzati.

- Una bella squadra, un gruppo unito di amici è una cosa importantissima, nella vita e nel lavoro.
- Sì, assolutamente. Ti vorrei presentare Massimiliano Carli (che ci ha raggiunto in quel momento - ndr), in arte Negus, socio fondatore, il perno dal quale tutto parte, il nostro tatuatore senior, paracadutista, ha portato un suo spirito, una sua identità.

Massimiliano Carli
Avendo questa sua grande vocazione artistica, ha da sempre disegnato, lavorato molti anni nella grafica, ha iniziato a tatuare tanti anni fa ed è sul suo progetto di tatuatore che si è innestato tutto, è nato il primo piccolo studio e da lì si è sviluppato diventando il marchio Wisdomless. Se non ci fosse stato Massimiliano, probabilmente avremmo fatto altre cose, ma non con questo taglio che ha una forte vocazione per le arti, tra cui anche l’arte di vestirsi bene, essere gentili, eleganti.

- Da quando vi conoscete?
Fabrizio: da tanto, da oltre 20 anni. Massimiliano per me è un fratello, come tanti altri, ma lui è speciale.
Massimiliano: ci capiamo tra di noi un po’ meglio, un po’ di più. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda.


Fabrizio: ciascuno di noi ha portato dentro qualcosa. Allora le passioni personali si sono fuse e sono diventate un progetto vero, perché sognare è bello però poi diventi verboso, diventi chiacchierone, perdi tempo davanti ad una birra o ad un bicchiere di vino, però le cose non le fai. Io ho tante idee, sarà perché sono un po’ più grande, perché ho visto tante cose, ed è proprio in Massimiliano trovo la forza realizzativa che da solo non sarei capace di tirar fuori.

- Vi trascinate l'uno l’altro!
Massimiliano: sì, esatto, io invece in Fabrizio trovo supporto. Da solo è difficile realizzare le cose.
Fabrizio: ci aiutiamo a vicenda, siamo una bella squadra e ci compensiamo. Comunque sia la nostra è una vera amicizia. Forse l’unica vera cosa che ci separa è che uno è tifoso della Lazio, l’altro della Roma, anche se vediamo insieme anche i derby (ridono – ndr)!


- Da quando esiste tutto questo? Oggi la gente spesso vuole tutto e subito. Voi quanto ci avete messo per raggiungere il risultato?
Fabrizio: abbiamo aperto lo studio qui in centro e a Copenhagen in contemporanea nello stesso giorno 2 anni fa. Possiamo dire che abbiamo avuto una bella accelerata. Non esiste una ricetta uguale per tutti... Comunque il segreto del successo è lavorare tanto. Avere fondamenta, essere affiatati. Passiamo davvero molto tempo insieme, anche se ogni tanto bisogna staccarsi. Ci hanno proposto varie volte di entrare in società investendo dei soldi, ma noi abbiamo sempre detto “No, grazie!”.
Massimiliano: siamo molto restii al cambiamento, molto testardi. Ma sappiamo dove vogliamo andare e facciamo di tutto per arrivarci. Poi ovviamente ci sono delle difficoltà e dell’impegno da mettere. Ma tra di noi c’è armonia, forse è questo il nostro segreto.

- Prima di concludere vorrei tornare al fenomeno tattoo. Alla fine che cosa è diventato oggi, che cosa rappresenta?
Massimiliano: adesso il tattoo è completamente sdoganato, è sicuramente una moda, oggi i giovanissimi si fanno dei tatuaggi sulle parti più visibili: le mani, il collo. Non credo che passerà presto, perché oggi i bimbi vedono i loro genitori tatuati, per loro è già una cosa normale. Certo, magari qualcuno al contrario, non si farà tatuare per reazione ad un genitore molto tatuato. Ma per la maggioranza sarà una cosa naturale.



- Non pensano a come saranno questi tatuaggi sui loro corpi da anziani?
Massimiliano: i tatuaggi sul corpo vecchio è una cosa che non ci preoccupa, sarà parte di loro, di noi.

- E quando uno arriva da voi per farsi un tatuaggio date qualche consiglio?
Massimiliano: cerchiamo di capire perché lo fa, il motivo. A quel punto possiamo anche consigliare un disegno piuttosto il punto dove farlo. Abbiamo una squadra di tatuatori che copre praticamente tutti gli stili. A volte abbiamo anche dei guest-tatuatori, anche dall’estero. Comunque sfatiamo il mito che è facile fare il tatuatore e sottolineiamo che un buon tatuatore deve saper disegnare molto bene. C’è il gioco della luce, del contrasto, delle ombre. É un’arte vera e propria.


A questo punto finiamo la nostra conversazione perché Fabrizio e Massimiliano devono fare davvero tante cose. Ci salutiamo con la promessa di rivederci presto, in autunno, quando i lavori saranno finiti e le idee prenderanno forma. Non ci resta che aspettare per raccontare tutto questo nel blog!

Fotografie - Antonio De Paolis

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