lunedì 27 marzo 2017

Intervista con Massimiliano Bianconcini

Qualche settimana fa per la prima volta nella mia vita ho partecipato in un talk radiofonico  a Radio Godot nel programma Foodie in Town di Massimiliano Bianconcini detto DJ Bianco. È stata un'esperienza indimenticabile! È stato interessante e divertente. Non nascondo che prima ero un po' nervosa non sapendo che domande avrebbe fatto, come funziona una radio, ma tutto è andato alla grande ed ammetto che infine sono stata bene e mi sono divertita. Grazie anche a Massimiliano, alla sua capacità di condurre la conversazione in maniera intelligente e delicata impostandomi nel modo giusto.



Con Massimiliano già ci conoscevamo incrociandoci ogni tanto durante vari eventi. Ma non avevamo mai avuto una vera occasione per parlare e conoscersi meglio. Ed ecco che la partecipazione al suo programma mi ha permesso di parlare con lui di più e scoprire una persona interessante, poliedrica, curiosa nel senso buono della parola. Naturalmente dopo il talk ho voluto sapere di lui e della sua carriera radiofonica di più e così ho fatto con lui l'intervista per il blog Rome insider.

Massimiliano, come hai cominciato a lavorare in radio?
In radio, Radio Godot, sono arrivato per caso. Tramite amici ho saputo che erano disponibili. Io già facevo radio da un anno e mezzo circa, su una radio FM, che però non aveva grandi riscontri, anche come ascolti. Facevo un programma completamente differente da questo, era un programma dedicato al cinema, teatro, arte, letteratura, musica e anche un po’ di enogastronomia.

Volevo portare anche qua un programma di pari peso, perché mi piaceva, ho un background culturale, sono laureato in filosofia, apprezzo e amo tantissimo lo spettacolo dal vivo, la danza contemporanea, il teatro e tutto quello che sono gli eventi performativi, le mostre d’arte, etc. Però quando sono arrivato qua l’editore di Radio Godot Enzo Cagnetti mi ha censurato il programma. Perché questa radio nasce nel 2011 come una radio dedicata al teatro che poi piano piano si è aperta ad altri DJ facendo dei programmi dedicati. Nel gennaio 2015 lui mi chiese di fare un programma dedicato, di trovare un argomento. Quindi in qualche modo mi sono reinventato, anche un po’ rischiando, perché ero completamente all'oscuro dell'enogastronomia. Mi è venuto subito il titolo, Foodie in Town, evocativo, sonoro, piacevole. La prima puntata è andata benissimo, il 16 febbraio 2015, me la ricordo molto bene.

Eri nervoso?
Sì, ero un po’ nervoso. Andavo in diretta, mentre prima, su FM registravo. Insomma, era una nuova esperienza. L’editore mi chiamò 2 giorni dopo e mi disse “Tu questo programma lo devi far diventare di 2 ore, immediatamente”. Lì sono andato un po’ nel panico perché dovevo trovare i contenuti. Piano piano sono riuscito a farlo basandomi su tanti food blogger e tanti eventi che capitano intorno all’enogastronomia, anche spigolando, trovando sulle riviste, sui vari siti e blog tanti contenuti.


Però dovevi lavorare tanto!
Sì, dovevo lavorare, studiare. Ho studiato questa formula che poi si è ampliata e diventata di 3 ore. É un talk radio, in diretta, su eventi enogastronomici, dove invito esperti di food, ristoratori. Cerco di prepararmi ma non di scrivermi le domande, cerco di essere live veramente. É il mio stile: faccio la domanda, seguo il discorso e nel discorso c’è magari qualche cosa di interessante che poi merita di essere approfondito. Però comunque cerco di lasciar parlare e far esprimere. Da quello che ho scoperto questa forma piace, tante persone mi dicono alla fine che si sono divertite, è questa la cosa più importante.

Ti diverti anche tu?
Sì, quello è fondamentale! Io due cose faccio: mi diverto e imparo tantissimo. É vero che studio, leggo i libri, approfondisco, sto facendo un corso di vino e voglio fare quello sull’olio extravergine in funzione del programma. Però è anche vero che poi apprendo quello che mi raccontano nel programma. Alla fine ho trovato che quando si installa un buon rapporto con l’intervistato questo poi esce contento e divertito e allo stesso tempo anche io e spero che si  sia divertito anche ascoltatore. 

A questo punto possiamo dire che hai anticipato la risposta alla mia prossima domanda: che cosa ti piace del tuo lavoro?
Mi piace incontrare le persone, instaurare dei rapporti. Anzi, ti dico la verità, mi piace il momento della tensione iniziale. Magari non c’è subito quella disponibilità da parte dell’intervistato. É una piccola sfida. Intervisto intorno alle 15-16 persone a settimana tra interviste telefoniche e interviste in studio. Quindi è ovvio che non sempre si instaura un rapporto facile. Oppure non tutti gli intervistati sono radiofonici e quindi non riescono a sciogliersi, ad avere il ritmo che si scandisce anche con i cambiamenti di voce, la velocità. Alle volte però si inizia male e finisce bene. E questo mi piace.


Quando va in onda il tuo programma? Dove si può ascoltarlo e scaricarlo?
Il programma va in onda tutti i martedì dalle 15 alle 18 e mercoledì dalle 19 alle 21.00. Si può ascoltare online in diretta su www.radiogodot.it. Si può scaricare l’app su smartphone, è gratuita. Si può ascoltare direttamente dalla nostra pagina Facebook, c’è il tasto “Listen”, clicki e ascolti in streaming, un audio molto pulito visto che ormai tutto è digitale. Ci si può ascoltare anche non in diretta, su podcast che si trovano sulla pagina Facebook del programma oppure sul MixCloud che è una piattaforma dedicata. Ma il bello è che siamo in diretta, spesso ci mandano i messaggi, con saluti, commenti o domande.



Radio Godot è una radio di nicchia, sì, ma è la seconda radio web italiana, un bel risultato. Siamo strutturati come se fosse una radio FM, abbiamo 2 studi, 26 differenti trasmissioni che vanno dal lunedì al sabato, ci sono 43 DJ. In questo momento stiamo adottando il codice deontologico, un codice etico, di quello che facciamo o non facciamo come giornalisti radio. Penso che sia molto importante. Sarà pubblico, perchè ci teniamo a dire la verità e a fare una radio di servizio per i nostri ascoltatori. Cerchiamo di evitare le fake news, di cui si parla molto ultimamente.


La figura del DJ è inevitabilmente legata alla musica. Il tuo rapporto con la musica? Il genere, gruppo, musicista preferiti?
Oltre a studiare i contenuti studio anche i pezzi musicali. Scelgo sempre i pezzi contemporanei. Cerco di dare pezzi usciti nelle hit internazionali, sopratutto USA e UK,  pezzi nuovi, al massimo usciti da 2 mesi. Alle volte sono riuscito ad anticipare dei pezzi che poi sono diventate dei tormentoni, e questo mi da molta soddisfazione. Ovvio che ogni tanto metto anche dei pezzi storici.

Con la musica ho un bel rapporto da piccolissimo. Intorno ai 10 anni, parliamo dei primi anni 80, mi regalarano il primo Walkman. Mi feci registrare l’album di Michael Jackson “Thriller” e me lo sentivo tutte le sere quando andavo al letto, a volte addirittura mi addormentavo con questo Walkman, che non era proprio comodissimo.

Non ho mai avuto coscienza del mio rapporto forte con la musica, ho studiato pianoforte per 3 anni, però era veramente impegnativo ed ho lasciato perdere poi dopo mi sono pentito di questa scelta. Comunque andavo sempre a sentire la musica, mi dava forti emozioni. Cercavo e cerco musica un po’ strana, non cerco la musica pop, troppo semplice. Cerco voci e ritmi particolari. Anche se poi in trasmissione cerco di variare, non posso mettere sempre della musica alternativa.

Ad un certo punto sono ritornato alla musica con Prince. Sono rimasto molto legato a questo musicista, lo scorso anno è stato tragico per me, il 21 aprile ricorrerà il primo anniversario della sua morte. Io infatti quasi sempre metto un pezzo di Prince. Secondo me era anche superiore e più geniale di Michael Jackson che era bravissimo e mi piace tantissimo anche lui. Al di là di questo mi piacciono anche The Smiths e Morrissey, The Cure che ho scoperto quando ho comprato per caso il loro vinile “Three imaginary boys”, David Bowie, The Doors che sono fondamentali per me, anche Culture Club e Boy George, anche reggae, insomma tanti musicisti e generi preferiti. Anche la musica classica, amo tantissimo Mozart come Bach.

Invece di italiani chi ti piace?
Mi piacciono moltissimo Mina, Paolo Conte, Avion Travel, Franco Battiato, il primo Renato Zero, alcuni passi di Loredana Bertè, tantissimo Lucio Dalla perchè lo ascoltavo fin da piccolissimo visto che piaceva tanto ai miei, La Premiata Forneria Marconi, mi piacciono alcuni rapper italiani come J-Ax. Ovviamente non possono mancare Lucio Battisti, che in alcuni pezzi lo assimilo a Prince, era geniale e anticipava le tendenze, e Fabrizio De Andrè. Però mi ascolto pure San Remo per cercare di scoprire qualche cosa di nuovo. Guardo anche i talent show, da Master Chef fino al Italia’s Got Talent, al di là di tutto sono comunque fatti bene. Mi piace anche il tango, vado ad un corso di tango.

Ma quante ore al giorno hai?!
Troppo poche. La verità è che non riesco a stare tranquillo, devo fare tante cose, anche contemporaneamente. Io ogni cosa che c’è vorrei studiarla, vorrei approfondirla. Vorrei studiare cucina, scienze cognitive, giurisprudenza, ad esempio diritto costituzionale...

Tornando all’enogastronomia, possiamo dire che dal mondo quasi sconosciuto per te è diventata la tua passione.
Sì! E poi ho scoperto che dietro ogni settore, vino, olio, formaggio, salumi, spezie, c’è un mondo enorme da raccontare.

Magari potresti condividere con noi alcuni dei tuoi prodotti, piatti, brand preferiti.
A me piace molto una azienda che si chiama Ômina Romana che produce sia vini bianchi che rossi, è vicino Roma nella zona di Velletri.

Tra le altre aziende che mi piacciono c’è Gravner che fa vini biodinamici, naturali, con poco intervento in vigna e in cantina. Sono dei vini particolari, vengono definiti “orange wines” perchè hanno dei colori più ramati, non hanno filtrazioni e chiarifiche.

Poi in questo periodo mi piacciono molto i vini rosati, sono dei vini che per anni sono stati tenuti poco in considerazione, invece adesso tante aziende stanno provando a fare dei rosati, alcune riescono a farli bene.

Mi piace tantissimo l’olio extravergine di oliva. Suggerisco sempre ai miei ascoltatori di non lesinare in soldi quando uno compra un olio extravergine di oliva, su questo prodotto meglio spendere soldi, investire. 

Ecco, nella mia trasmissione parliamo di ingredienti, di storia, di esperti e anche di prezzi e di rapporto qualità-prezzo. A me non interessa raccontare una ricetta, questo ormai lo fanno tutti. Quello che voglio fare è cercare di raccontare tutto quello che c’è dietro. Ad esempio mi è capitato di intervistare alcuni maestri affinatori di formaggio di fossa. Il formaggio viene affinato, vuol dire fatto maturare e bisogna sapere quando è pronto. Sono rimasto incantato dal loro racconto, è davvero affascinante.



Come vedi la situazione enogastronomica a Roma in questo momento?
A Roma in questo momento stanno aprendo tanti ristoranti, ma tanti chiudono. Diciamo che negli ultimi anni il saldo comunque rimane negativo, sono più ristoranti che chiudono o che passano di mano rispetto a quelli che aprono o che durano. Il tempo medio di vita di un ristorante è tra 2 e 3 anni.

Come mai questa tendenza?
Io credo che i fattori siano tanti e differenti. Da una parte è considerato un lavoro abbastanza facile da intraprendere, basta avere una possibilità economica per avviarlo. Però in realtà è un lavoro che richiede tanto sacrificio, perchè non hai le feste libere, sei sempre occupato, sei sempre a servire, anche fisicamente è stancante. Se vuoi avere uno standard medio-alto, devi investire nelle materie prime, negli ingredienti, nel personale e tutto questo costa. Poi magari questi costi non riesci a coprirli in poco tempo. Ci vuole del tempo per armotizzare i costi, circa 2,5 -3 anni. Molti purtroppo invece mollano prima.

É vero che gli italiani spendono tanto in enogastronomia, ma spendono nei discount. Quindi direi che non è vero che si mangia meglio nonostante ci sia questo boom di alta enogastronomia. Ci sono tanti eventi legati all’enogastronomia che potrebbero dare fumo negli occhi. Però la statistica dimostra che si cerca di spendere poco perché la crisi c’è. Anche nei ristoranti si spende poco, nel senso che non si fa più un pasto completo quando si va fuori a cena. 

Il tuo legame con Roma? 
Sono di origini milanesi, la mia famiglia si è trasferita qua, a Frascati vicino a Roma, ha trovato un bar e ha cambiato completamente vita, così a 5 anni mi sono trovato catapultato in una nuova realtà. 

Da adulto non hai mai pensato di andartene da Roma?
Da Roma sì, ma non per Milano, magari all’estero, per fare nuove esperienze. Per me è molto importante uscire dal comfort zone. Alla fine sono rimasto a Roma, ma esco dal mio comfort zone ogni volta che entro in radio. É la mia sfida, la mia adrenalina. 

E oggi il tuo rapporto con Roma com’è? Che cosa ami o non ami particolarmente di questa città?
Siccome viaggio tanto devo dire che Roma è svantaggiata sotto tutti i punti di vista, se fare confronti con le altre capitali e città europee, Roma è proprio indietro. Traffico e problemi con i mezzi pubblici, sporcizia, mancanza di rispetto per le regole e tra le persone. Insomma Roma la amo e la odio. Anche perché questa città ha delle potenzialità infinite che però non vengono sfruttate.

Qualche tuo indirizzo o posto preferito a Roma?
Sicuramente Fontana di Trevi, ogni volta che la vedo mi emoziona, sopratutto adesso che è tutta pulita. Poi il centro di Roma di sera e di notte mi piace tantissimo, mi ricorda i miei 16 anni quando cominciavo ad uscire la sera, ero rimasto estasiato. Piazza Navona, Lungotevere, con queste luci gialle, particolari. Poi Trastevere mi piace in maniera particolare. Anche la zona di via del Governo Vecchio, via dei Banchi Vecchi, via del Pellegrino, molto caratteristica. E poi le chiese, mi piace entrare dentro, guardare, al di là della religione e fede.


Fotografie - Antonio De Paolis