lunedì 13 aprile 2020

Intervista con il fotografo Giovanni De Angelis

Forse è l'intervista più particolare tra tutte che ho mai fatto. Centra non solo la distanza, ma il momento - la pandemia di coronavirus, che ha fermato la nostra vita da ormai 5 settimane.

La prima volta ho visto le fotografie di Giovanni De Angelis tanti anni fa, nel 2007. Mi ricordo di aver visitato a Roma la sua mostra personale di fotografie scattate a Tokyo. Mi hanno colpito subito, tutte in bianco-nero, piene di movimento e dinamismo, con inquadrature particolari e tanto accento sui dettagli. Più avanti ho avuto l'occasione di conoscere Giovanni personalmente ed incrociarlo ogni tanto in qualche mostra o vernissage. Ed ecco il nostro ultimo incontro, a gennaio di quest'anno, alla mostra dedicata a Sergio Leone al Museo dell'Ara Pacis. Siamo rimasti d'accordo per fare un'intervista per il mio blog e stavo solo aspettando il momento giusto, una sua nuova mostra o progetto. E questo momento è arrivato. Ma chi avrebbe immaginato che sarà l'epidemia di coronavirus e la quarantena mondiale ad esserlo?!

Tra le numerose notizie che ci arrivano in questi giorni ho saputo che Giovanni ha partecipato in una azione benefica "100 fotografi per Bergamo", la città più colpita dal coronavirus, che ha permesso a chiunque effettuerà una donazione di almeno 100 euro per portarsi a casa la stampa di un fotografo affermato, tra i quali ci sono i più famosi del mondo della fotografia di moda, arte, architettura, ritratto come Paolo Roversi, Oliviero Toscani, Mario Sorrenti, Giampaolo Sgura, Maurizio Galimberti, Francesco Jodice e Giovanni De Angelis appunto. L'iniziativa è stata organizzata da Perimetro, la piattaforma che racconta le tante sfaccettature di Milano con un focus fotografico, e Liveinslums, la Onlus che realizza progetti di innovazione in Italia e in alcuni Paesi in via di sviluppo, ed è dedicata all'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo con la finalità di rinforzare la terapia intensiva. Ho subito deciso di contattare Giovanni per sapere di più e per chiedergli come vive queste giornate in generale.

Facciamo questa intervista ai tempi di coronavirus e social distancing, a distanza. Partiamo subito da un'iniziativa speciale alla quale hai partecipato - i 100 fotografi per Bergamo.
E’ un periodo di grande difficoltà e credo che sia importante per l’artista attivarsi per aiutare chi in questo momento è in prima linea come i medici ed il personale sanitario ed è per questo che quando mi hanno contattato e proposto di partecipare all’iniziativa 100 fotografi per Bergamo, ho aderito subito con entusiasmo. L’iniziativa è stata organizzata dalla rivista Perimetro che ha coinvolto 100 fotografi in tutta Italia dai più conosciuti alle giovani promesse. L’idea molto semplice è che l’artista dona una sua fotografia e questa viene venduta da Perimetro ad un costo basso e fisso. Le quote raccolte, a meno dei costi di produzione e spedizione, andranno devolute all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo per aiutare medici ed infermieri. L’iniziativa è andata benissimo sin dall’inizio ed in pochi giorni sono stati raccolti tantissimi soldi e quindi è stata poi allargata ad altri 100 fotografi stranieri tra cui nomi incredibili della Magnum come Alec Soth, Alex Majoli, Paolo Pellegrin e tanti altri ed infine anche il grandissimo Steve McCurry. 

VIRUS POLLUTION
Fine art print on cotton paper
© 2005, 2020 Giovanni De Angelis
Foto per 100 Fotografi per Bergamo
Ci sono stati altri progetti/iniziative simili in questi giorni nei quali hai partecipato o parteciperai?
Si, ho parteciapto ad un’altra preziosa raccolta fondi organizzata dall’organizzazione pArt che ha scelto 12 artisti visivi che ha invitato a donare un opera per aiutare l’Ospedale Spallanzani di Roma. Anche in questo caso sono molto soddisfatto per la grande qualità dell’organizzazione e dell’entusiasmo di chi ha aderito all’iniziativa. Infine ho donato un opera che andrà messa all’asta nei prossimi giorni dalla importante casa d’aste Bertolami Fine Art. I proventi dell’asta andranno in beneficienza per il reparto COVID dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma.

In generale come vivi queste giornate?
In un primo periodo di totale coinvolgimento che mi ha visto molto concentrato su quanto di grave stava accadendo sono rimasto come dopato dalle immagini e dalle notizie terribili che scorrevano in televisione e quindi sono stato a casa in rispettosa solitudine. All’inizio pensavo che un evento così terribile non meritasse di essere documentato e l’unico pensiero che mi passava per la testa era il desiderio che finisse al più presto. Adesso a distanza di più di 20 giorni di quarantena ho capito che qualcosa di epocale sta accadendo per il mondo intero e credo che quando finirà non sarà più come prima e noi tutti cambieremo il nostro modo di relazionarci con il mondo e con le altre persone. Per questo ho deciso di uscire e documentare da vicino ciò che sta accadendo alla città di Roma e vi confesso che è un’esperienza unica e disarmante quella di girare a piedi per la città totalmente deserta dove tutto è chiuso. Il vuoto è così assordante che ti gira la testa. Passeggi ed il solo rumore è quello dei tuoi passi e per un attimo ti dimentichi che sei nella viva e rumorosa Roma. Qui un’immagine della scalinata di Trinità dei Monti alle sei del pomeriggio totalmente vuota di persone e turisti dove solo un uomo timido la percorre tenendosi scrupolosamente ai bordi quasi a non voler intaccare la preziosa bellezza di un monumento eterno. 

Dalla serie “Sono troppo solare per emozionarmi del vuoto”
Trinità dei Monti #2 Centro
© 2020,  Giovanni De Angelis
Che cosa pensi del nostro futuro? Hai paura o al contrario vedi delle nuove opportunità? Hai già dei progetti/collaborazioni/idee per il dopoepidemia?
Penso, come accennavo prima, che quando usciremo e sono sicuro che ne usciremo, da questa pandemia, il mondo non sarà più come prima. Dovremo rivedere molti dei nostri comportamenti ed anche il nostro approccio con il mondo e la natura, dovrà cambiare se non vogliamo perderli. Si basti guardare come poche settimane abbiano permesso alla natura di riprendersi il suo spazio, come i mari si siano ripuliti, come l’aria sia tornata ad essere limpida e lo smog si sia ridotto incredibilmente. Allo stesso modo, credo, dovrà cambiare il nostro sguardo verso il mondo e quindi rifletterò su questo anche per i miei progetti fotografici futuri.

Torniamo un po' indietro. Come sei diventato fotografo, com'è nata questa passione?
Beh, è una storia lunga, ahimè e quindi molto difficile da sintetizzare in poche parole. La mia passione per la fotografia nasce da quando ero piccolo, dal giorno della mia prima comunione quando chiesi a mia madre di regalarmi una Reflex 35 mm, la Olympus Om-2 Spot Program e tutto ebbe inizio da li. La fotografia è entrata nel mio animo e non posso più farne a meno. Spero di avere l’opportunità come tanti grandi fotografi di poter fotografare sempre e pensare e costruire progetti fotografici come ormai sono abituato a fare.

Quali sono le cose che ti ispirano?
Sono appassionato agli uomini e le donne e pertanto la migliore espressione di una persona è possibile averla attraverso la fotografia. Il ritratto fotografico è la mia passione e mi piace costruire progetti intorno ad esso come in WATER DROPS dove sono stato in Brasile in una incredibile cittadina dove ho fotografato gemelli e come in ART REWIND dove ho ritratto giovani artisti italiani. Altri progetti che ho realizzato sono ispirati da studi antropologici come nel caso di ICKU (I Can Kill U) dove sono stato in Lettonia nella città di Riga per fotografare una serie di giovani nerd nell’atto provocatorio di sparare contro di me. Un’azione quasi performativa per riflettere sulla recondita eventualità che c’è in ciascuno di noi di compiere un atto irreversibile come quello di sparare qualcuno. In questo caso era anche una riflessione sulle persone di quei luoghi della Lettonia, ai confini con la Russia dove gli inverni rigidi fanno cadere le persone in forti depressioni che al ritorno della primavera sfociano in omicidi e suicidi. 

Arta Vanaga
ICKU project
© 2011, Giovanni De Angelis
Hai mai avuto un maestro, un punto di riferimento?
Sono stato affascinato sempre dalla street photography di Daido Moriyama che nei suoi bianco-nero intensi entra come un fantasma nella notte e per le strade di Tokyo per realizzare immagini taglienti e straordinarie. Un mio grande maestro ispiratore è sempre stato Mimmo Jodice, napoletano come me che ha saputo cogliere Napoli ed i suoi abitanti con eccellente raffinatezza. Infine sono stato assistente della ritrattista storica italiana Elisabetta Catalano e da lei ho continuato la tradizione del ritratto d’artista.

Infine, il tuo rapporto con Roma? Qualche tuo indirizzo o/e posto preferito qui?
Adoro Roma che è la mia città adottiva e amo tanti posti, ma mi piace andare a bere dai miei amici di Drink Kong ed a mangiare nei ristoranti del mio amico dj Giancarlino e quindi al Madeleine. La mia piazza preferita è piazza Mattei e la bellissima Fontana delle Tartarughe.

Sito web: http://www.giovannideangelis.it
Facebook: https://www.facebook.com/giovannideangelis01
Instagram: @giovannideangelis1

Giovanni De Angelis
Foto di Gerald Bruneau