venerdì 9 ottobre 2015

Intervista con Daria Reina e Andrea Ferolla di Chez Dédé

Questo giugno a Roma è stata inaugurata una bellissima boutique, unica nel suo genere - Chez Dédé. Situata appena fuori dai soliti itinerari turistici, in via Monserrato, che tra l'altro già da sola merita una passeggiata, Chez Dédé sta diventando sempre più conosciuta. Qui passano sempre più spesso i romani, i turisti, gli insider del fashion-industry, i bloggers, la gente che ama le cose belle, che apprezza un autentico Made in Italy, un vero artigianato, una altissima qualità. Da Chez Dédé si possono trovare borse, accessori, pareo, foulard, T-shirts, travel kits. 



L'idea di questo spazio appartiene a Daria Reina e Andrea Ferolla, una coppia nella vita e nel lavoro. Dal primo istante del nostro incontro con Daria e Andrea è subito chiaro che hanno un loro stile inconfondibile, che sanno benissimo le regole del business e che amano trasgredirle (probabilmente proprio questo è il segreto del loro successo!). E' buffo, ma anche l'intervista con loro è andata contro ogni regola. Di solito le interviste si fanno secondo uno schema ben preciso, con le domande fatte in un certo ordine. Invece con Daria e Andrea non c'è stato nessuno schema. La nostra più che intervista è stata una lunga conversazione, con tanto di informazioni, considerazioni, analisi, ricordi, emozioni. Nè hanno a volontà, a malapena riuscivo a stargli dietro. Ma è stato davvero divertente, eloquente e spontaneo. 

Quando e come avete deciso di creare il brand Chez Dédé e aprire questa boutique?
Daria: Noi siamo due direttori creativi che lavorano per grossi brand del lusso in comunicazione. Chez Dédé è nato quasi per sfogare la nostra creatività in qualche cosa che non avesse padroni. “Chez Dédé” è un pseudonimo composto dai nostri due nomi insieme, Daria e Andrea, il diminutivo in francese Dédé, quindi Chez Dédé significa “da Dédé, a casa di Dédé”.

Il nome francese è perché ho il passaporto francese, mio papà è per metà francese, dal sud della Francia. Sono cresciuta in una cultura francofona, sono bilingue. Andrea è completamente italiano, ma è filofrancese di attitudine.

La nostra attività esiste da circa 3 anni e mezzo. L’idea iniziale era di creare dei gadget da regalare ai clienti ed amici che non avessero l’aria di regali aziendali. Ed ha funzionato! Le nostre cose hanno cominciato a piacere molto. Dopo, su suggerimento di amici avveduti, abbiamo registrato il nostro marchio in Italia, poi in Europa, e ormai quasi dappertutto.

Poi una sera abbiamo visto una puntata di “Report” (un programma televisivo di attualità - nda) dedicata alle aziende italiane eccellenti di grandissima manualità e artigianato impareggiabile che erano sull’orlo del fallimento o erano già fallite. Mi ha colpito molto, ero quasi depressa dopo averla vista. Allora abbiamo deciso di dare vita ad un progetto nuovo per dare lavoro a queste persone. E così siamo andati da loro, per fargli realizzare le nostre idee.

Noi facciamo il vero Made in Italy, tutto, dalla prima all’ultima cosa. Probabilmente abbiamo intercettato un bisogno di eccellenza vera che si sentiva nell’aria. Anche se quando abbiamo iniziato quest’avventura, in piena crisi, era un’impresa folle. Adesso arrivano segnali positivi. Le persone cominciano a conoscerci, a cercarci. Sono le persone giuste, che hanno la sensibilità artistica, estetica e che non vogliono più comprare cose scadenti per cui paghi molto di più e che si distruggono molto prima. Così abbiamo deciso di aprire questa boutique, inaugurata nel giugno di quest’anno.

La filosofia del brand Chez Dédé?
Andrea: esprimiamo una visione italiana che però ha uno spirito internazionale.


Daria: questo brand è molto legato ai nostri valori, sono profondamente convinta che l’Italia abbia bisogno di gente che rilanci la sua immagine, la qualità.

Andrea: all’Italia manca il sistema, tutto è rimasto al livello individuale, ognuno ragiona per se. Tutto o quasi è stato venduto e quindi non ci sono più così tante forme di artigianato d’alto livello. Tutto è stato sostituito dalle grandi fabbriche. Purtroppo questo ha sporcato il concetto stesso di Made in Italy.

Quella puntata del “Report” per noi è stata la scintilla, perché c’era già un desiderio di fare qualche cosa. Anzi tutti dovrebbero ragionare così, cercare di tutelare il Made in Italy che è ancora uno dei marchi più famosi nel mondo. E poi avevamo voglia di fare delle cose che noi stessi cercavamo in giro per il mondo che rappresentassero la nostra idea di stile e di lusso.

E che cos'è il lusso per voi?
Andrea: è un qualche cosa che si riferisce proprio ad un’idea di stile legata alla cultura, alla tua storia personale, ai viaggi.

Ad esempio questo bracciale che ha una conchiglia, pelle e perle, questo per me è una meraviglia, non ci potrà mai essere niente che mi piace di più solo perché è d’oro o ha dei materiali più nobili. In realtà se ci penso questo uno se lo può fare in casa, ciò non toglie che questo secondo me è proprio un oggetto di lusso.


Daria: per me il lusso è poter essere indipendenti e personali. Noi quando realizziamo delle cose non teniamo proprio conto degli indagini di mercato, quello che fanno invece tutte le altre aziende, perché né sono costrette essendo dentro un sistema. Per me il lusso è fregarmene. Nessuno mi dice come devo fare le cose e questo è il vero lusso per me.

Tornando al vostro nome, non pensate che Chez Dédé può confondere e la gente penserà che siete un marchio francese?
Andrea: probabilmente, ma la cosa buffa è che noi facendo la comunicazione sappiamo perfettamente che nella comunicazione esistono delle regole, ma questa volta non abbiamo rispettato nessuna di queste regole. Non volontariamente, è semplicemente andata così. Quindi, se mi chiedessi adesso se per me Chez Dédé è il nome più giusto ti potrei dire forse no. Ma alla fine funziona e forse proprio per questo.

É divertente proprio far confondere le persone, il nostro negozi è quasi un invito a perdersi per il cliente che entra. Perditi, tanto non succede nulla, non è un posto pericoloso. E poi non abbiamo mai scritto Chez Dédé nello stesso modo. Il nostro logo è sempre diverso. Insomma, non prendiamo troppo sul serio le regole e ci divertiamo.


Avete dovuto lasciare le altre vostre attività per fare questo lavoro?
Andrea: Non abbiamo mollato niente. Io insegno allo IED, arti visivi e comunicazione, faccio l'illustratore, e da gennaio lavoro con Art Department di New York, per lo studio di comunicazione continuiamo a lavorare per grandi clienti.

Daria: non abbiamo mollato anche perché non abbiamo sponsor o finanziamenti per quanto riguarda Chez Dédé. Ci finanziamo da soli. Continuando a fare le altre cose almeno sappiamo che finché questa cosa non prende bene piede abbiamo una sicurezza.

La crisi scatena comunque la voglia di fare, vedo tante storie positive in questo periodo, nonostante tutto.
Daria: sì, diciamo che è normale, la crisi ti da voglia di provare a fare davvero quello che ti piace perché così almeno ci metti tutte le tue energie e ti diverti invece di fare un lavoro noioso e frustrante.

Parliamo dei vostri prodotti. Se dovessi scegliere una sola cosa Chez Dédé che cosa mi avreste consigliato?
Daria: le nostre borse, le grand sac, sono il nostro prodotto più iconico. E tra tutte la St. Barth, la più rappresentativa. É una borsa capiente, da l’idea di versatilità, con questa borsa vai al mare, vai a fare shopping, vai in viaggio, con i manici pensati per portarla in tutti i modi, di una stoffa struggente. E poi è anche la prima nata.



Possiamo dire che le nostre borse sono nate come dedica ai luoghi che amiamo. Ad esempio, l’anno scorso siamo stati a Tangeri, abbiamo scoperto una città che ci ha molto sorpresi, ci è piaciuta molto, perché ha un’anima insieme molto nordafricana, molto decò, molto rock. E quando siamo tornati non potevamo non dedicarle una borsa. Quando l’abbiamo pensata ci è venuto subito di farla in jeans, con la pelle scura perché siamo in Marocco, ma con i profili in pelle chiara perché al tempo stesso è molto chic e raffinata, con la scritta Tangeri in deco e con Chez Dédé in stile anni 70 come se fosse la copertina di un disco. Insomma, dietro ogni borsa c’è una storia.


Creando le vostre borse seguite anche le stagioni?
Daria: non abbiamo stagionalità proprio perché siamo atipici in tutto. E poi la borsa in tela si può portare tutto l’anno. Le nostre borse sono continuative. Per noi è molto importante che chi compra una nostra borsa dopo un anno non ha per la mani una cosa vecchia o considerata vecchia. A me piace quando le cose invecchiano diventando così ancora più belle, con l’effetto delavè, usato, anche un po' rovinato, la pelle deve invecchiare. Quindi l’idea di fare qualcosa che dopo 6 mesi non la puoi più mettere la trovo triste.


Create anche su ordinazione, pezzi unici o personalizzati?
Daria: sì, per i privati c’è la possibilità di fare una personalizzazione con delle iniziali sulla borsa. Siamo anche aperti per gli alberghi o piccoli resort che vogliono regalare ai loro clienti una edizione limitata o vogliono realizzare una cosa unica insieme a noi che possa essere venduta solo da loro.

Nella vostra boutique non ci sono solo prodotti Chez Dédé, ma anche di altre marche.
Daria: abbiamo una selezione di brand raffinatissimi, che corrispondono al nostro gusto e stile. Abbiamo i gioielli di Ishi, un brand messicano che fa cose meravigliose con la nappa intrecciata,



i gioielli Isla Fontaine di Venezia, la linea di profumi di Linda Rodin in esclusiva a Roma,



mobili vintage americani anni 50-60, i prodotti grooming per uomo in corno e ebano Men’s Heritage, Fabscarte che fa carte da parati a mano, dei veri capolavori. Abbiamo anche dei libri e album, lampade.



Andrea: avere un negozio proprio cambia molto la prospettiva, perchè in teoria puoi prendere qualsiasi cosa e metterla in vendita. Puoi sperimentare e metterti in contatto con il mondo.

I vostri prodotti si trovano anche in altri negozi?
Daria: sì, da Vestibule a Zurigo, Le Bon Marchè a Parigi, Studio Scarpa ad Oslo, Campomarzio 70 a Roma. Sono solo alcuni dei nostri retailers. Questo spazio adesso è diventato anche showroom. Quindi se ci sono dei negozianti interessati in collaborazioni, siamo aperti per i contatti.

Pensate di aprire altri monomarca, magari in qualche altra città o paese?
Daria: ci sono arrivate già delle proposte che valuteremo e vedremo. Questo negozio l’abbiamo arredato da soli, è stato impegnativo. Ogni pezzo di arredamento è stato comprato da noi personalmente. Ho girato per negozi di modernariato, laboratori, atelier di restauro, su e-bay.

Deve essere di nuovo un piacere farlo, altrimenti se ci sarà lo stress e l’ansia non verrà così bene. La sfida di aprire un Chez Dédé da un'altra parte parte è come trasmettere l’aria del posto senza perdere la nostra impronta. Qui a Roma volevo che tutto parlasse di shabby chic, di decadenza di questa città, tutto era scelto per far capire che sono a Roma e non a Strasburgo o a New York o a Berlino.

Che cosa vi piace nel vostro lavoro?
Daria: la soddisfazione di incrociare persone, parlare con loro, è molto faticoso e impegnativo, proprio fisicamente, ma anche molto bello. Qui stanno passando persone che non passano facilmente in altri negozi. In poche settimane abbiamo avuto Scott Schuman di the Sartorialist, i giornalisti di Condè Nast Traveler, direttori creativi, tra cui Alessandro Michele di Gucci.

La cosa che ci dicono più spesso è che questo posto è molto personale. Ed è normale, perchè da noi lo spazio non è anonimo. Basta varcare la nostra soglia per capirlo. Qui ci sono le nostre cose, i reperti di viaggi che raccontano di noi. Per cui le persone hanno subito la sensazione di conoscerci e questo crea gli ottimi presupposti per le amicizie. É una cosa che non mi aspettavo. Non credevo che aprire la boutique avrebbe avuto dei benefici anche al livello umano.





Certo, come tutte le cose molto personali non può piacere a tutti, ma non abbiamo mai cercato di piacere a tutti, non l’avevamo proprio messo come priorità. Ma con quelli a cui piace abbiamo delle affinità caratteriali, artistiche.

Andrea: io invece a differenza da Daria ho una strana sensazione, sarò anche presuntuoso, che in realtà noi piacciamo proprio a tutti! Ovviamente le nostre cose non sono per tutti, anche se non sono carissime. In realtà il posto sembra un po’ un tempio e certe persone forse vengono messe in suggestione da questa cosa, ma molte persone fanno un giro e dicono che vorrebbero comprare non una sola cosa, ma tutte, perché sono tutte belle!

Voi siete una coppia anche nella vita. Come incide il rapporto personale sul rapporto professionale? È difficile essere una coppia nella vita e nel lavoro?
Andrea: da quando stiamo insieme abbiamo sempre lavorato insieme, quindi è abbastanza naturale per noi.

Daria: abbiamo sempre litigato, perché tutti e due lottiamo per quello che pensiamo, nessuno dei due molla facilmente, ognuno ha le proprie idee e ne è convinto, insomma è un po’ complicato. Ma quando tutti e due siamo convinti, allora quella cosa per me ha abbastanza senso e lo sanno anche i nostri soci, che sono mio fratello Marco e Veronica, la mia ex-compagna di scuola, designer di moda che ha deciso di investire il suo tempo e le sue risorse in Chez Dédé.

Riuscite a dividere il lavoro dalla vita privata?
Daria: c’è da dire che il nostro lavoro coincide anche con la nostra passione, ha talmente tanto a che fare con l’arte, con i viaggi, con la letteratura. Quindi il lavoro è sempre presente nella nostra vita, ma non ci pesa.

Andrea: quando fai un lavoro creativo come questo non stacchi mai realmente. Se vado a vedere una mostra oppure se entro in un negozio alla fine rientra nel tuo lavoro. Ti lascia qualcosa che prima o poi si vedrà. A volte nascono anche dei contatti di lavoro così.

Andrea, qualche parola sulla sua attività da illustratore.
Andrea: nasco come illustratore, sono laureato in storia dell’arte contemporanea, ho sempre disegnato e dipinto, ma poi, quasi per caso, consigliato dai miei amici che lavoravano nel mondo della pubblicità, sono entrato in questo mondo. L’illustrazione a questo punto è passata in secondo piano, l’ho sempre tenuta ai margini, come divertimento. Invece ora mi è tornata proprio la voglia. Credo di avere anche la maturità giusta per farlo, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche come contenuti. Mi fa piacere aver trovato questa agenzia newyorkese, Art Department, molto professionale. Ho visto che anche le persone che scelgono me come illustratore capiscono proprio il lavoro che faccio.

Photography © Kai Elmer Sotto
Daria: qui da noi si possono acquistare i lavori di Andrea. Abbiamo fatto delle riproduzioni, stampe su larga scala su canvas in serie limitate, ogni soggetto solo in 25 copie numerate e firmate.

Si capisce subito che viaggiate tantissimo. La vostra vacanza più memorabile? La prossima meta?
Daria: le vacanze ci uniscono molto. Per me, tra l’altro, le vacanze sono la cartina tornasole delle coppie. In vacanza si capisce veramente che rapporto hai con la persona perché, a differenza dal lavoro o dalla casa dove spesso fai le cose che magari non ti piacciono ma le devi fare, in vacanza invece ti rilassi e fai solo quello che vuoi. Ed infatti a quel punto molte coppie si scoppiano.


Con Andrea in vacanza siamo una persona sola, nonostante caratterialmente siamo molto diversi, ci piace proprio fare le stesse cose. Lui è un compagno di viaggi ideale. Quando mi capita di viaggiare per lavoro da sola, mi manca molto.

Per quanto riguarda la prossima meta direi Giappone, è un posto dove non sono mai stata e che mi attrae moltissimo. La loro cultura, la pittura, il ricevimento e la loro idea di accogliere. E poi vorrei tornare a Buenos Aires. Ci siamo già stati e mi ha colpito così tanto!

Andrea: anche io vorrei andare in Giappone. É un mondo che mi sento molto vicino e che mi ispirava fin da bambino, ho molti libri d’arte giapponese a casa, mi riconosco molto nel loro modo di vedere le cose.

Invece il mio posto del cuore è St. Barth perché coincide esattamente con la mia idea di lusso perché ha questa doppia anima selvaggia e civilizzata, è Francia ma è ai Caraibi, è un posto caldo, piacevole, rilassato, elegante dove puoi mettere un pareo e andare a fare shopping da Bulgari.

Il vostro legame con Roma?
Daria: sono nata qui però sono andata via con i miei quando avevo 3 mesi. Quando ero bambina Roma mi mancava tantissimo, mi veniva da piangere quando sentivo le canzoni che parlavano di Roma. Credo sia viscerale l’amore per questa città. In superficie neanche mi ricordo quanto la amo, ma quando mi allontano e vedo qualcosa di Roma mi viene subito una groppa alla gola, un magone.

Photography © Kai Elmer Sotto
Andrea: sono nato a Gorizia, ma ormai vivo a Roma da quando avevo 7-8 anni. Ho una doppia percezione di Roma come tutti quelli che sono nati da una parte e poi hanno subito girato non mi sento di nessun posto in particolare. Roma è comunque la mia città visto che ci vivo ormai da 45 anni, ma guardo i romani comunque come se fossi straniero, in modo un po’ distaccato.

Qualche vostro indirizzo o posto preferito a Roma?
Andrea: trovare un solo posto a Roma è veramente complicato. La piazza che io amo di più a Roma è la piazza del Quirinale. Altrimenti i musei, tutti. Ad esempio, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna. L’arte italiana gode di stima internazionale sopratutto per il  periodo cha va dal 400 al 600, per il Rinascimento. L’arte dell’800 è sempre stata vissuta in chiave minore. Ma proprio perché questo periodo rappresenta la storia d’Italia unita, secondo me è un posto da non sottovalutare, ha un grande fascino, da riscoprire.

Daria: io propongo il caffè Canova Tadolini, in via del Babuino. Non per la sua proposta enogastronomica ma per tutto quello che c’è dentro. E poi via Margutta, con tutti i suoi atelier, l’Osteria Margutta, uno dei miei posti del cuore.


Photography © Kai Elmer Sotto
Chez Dédé
via di Monserrato, 34/35

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