venerdì 26 febbraio 2016

Intervista con Cristina Venezia Pavelescu

Ho conosciuto Cristina Venezia Pavelescu, rumena di nascita e romana d’adozione, l’anno scorso quando ho scoperto Spazio Artigiano, bottega, laboratorio, galleria, negozio situato in uno dei più antichi rioni di Roma, il rione Monti. L’idea di Spazio Artigiano appartiene a Cristina ed è lei che se ne occupa.



Fin dall’inizio volevo saperne di più e fare l’intervista con Cristina per il blog. Prima, sul come le è venuta in mente l’idea di aprire questo spazio, per creare e per ospitare artisti artigiani, non solo italiani ma anche stranieri. Qui si possono trovare ceramiche, porcellane, tessuti lavorati al telaio, vetri, borse, collane, tutto rigorosamente fatto a mano. Secondo, perché Cristina è una vera storyteller! Sa raccontare degli oggetti con tanto amore, sa tutto di loro e della loro storia, che letteralmente incanta chi la ascolta. Dopo i suoi racconti è impossibile guardare gli oggetti con gli stessi occhi, te ne innamori! Ed infine perché nel negozio in un angolo ci sono due telai ai quali Cristina lavora creando dei pezzi di tessuti di una bellezza rara, che vengono poi usati per fare delle sciarpe e vestiti, per il tessile per la casa o semplicemente per collezionarli, tanto sono belli ed unici!


Insomma, è chiaro che prima o poi questa intervista doveva nascere. Ed eccomi finalmente a parlare con Cristina.


Per iniziare qualche parola su di se, Cristina.
La mia storia con Roma è lunga, sono finita qui nel 1980, quando era ancora molto difficile andare via dalla Romania. Non ero costretta a fuggire, ma ero una ragazza giovane che aveva curiosità per il mondo che sembrava così straordinario visto dalla gabbia del regime comunista. Il mondo sembrava una giostra. Ed io la volevo provare.

Inizialmente la mia meta non era Roma, ma la Francia, perché lì vive una parte della mia famiglia, tutti i miei amici erano fuggiti in Francia, perché c’è più legame culturale tra la Romania e la Francia, molto antico. Io non parlavo l’italiano. La mia seconda lingua era il francese che avevo imparato a casa da quando ero bambina. Ero destinata alla Francia, ed infatti ci ho vissuto per un po’ di tempo, ma quando sono arrivata a Roma per la prima volta è stato come un fulmine. L’amore per questa città è stato folgorante. La sua bellezza, la luce, il sole, la gente, i sorrisi, è stata una cosa straordinaria. Certo, è stato difficile perché qua non conoscevo nessuno, c’erano tanti ostacoli. Ma la gente qui è molto carina, ho trovato molto sostegno ed eccomi qua.

Le Sue esperienze professionali?
Ho studiato le relazioni economiche internazionali a Bucharest. Poi a Parigi ho studiato all’Ecole du Louvre e da quel momento sono andata a lavorare nelle gallerie d’arte. 

E poi, che cosa è successo?
Quando stavo ancora a Parigi c’è stato un altro momento cruciale della mia vita, dopo l’innamoramento di Roma. Una sera, in una delle vie in Saint Germain ho visto una galleria con una signora che lavorava al telaio. É stato un colpo al cuore! Mi ricordo bene quel luogo, tutto bianco, molto essenziale, con una musica e una atmosfera molto speciali. É un ricordo quasi celestiale. E là improvvisamente ho capito che era quello che avrei voluto fare!

Poi tempo dopo, già a Roma, è capitato che un giorno ho preso una rivista che normalmente non compravo perché non faceva parte dei miei interessi, “Capital”. Sfogliandola ho trovato un’intervista con una tessitrice italiana che aveva messo su una scuola di tessitura. Era proprio destino! A quel punto avevo già accantonato l’episodio di Parigi, perchè non potevo farlo, era troppo surreale, e quindi continuavo a lavorare in una galleria d’arte. Invece quell’intervista l’ha fatto rivivere di nuovo. Ho pensato che se ho comprato questa rivista e ho visto questa intervista vuol dire che c’è qualcosa in tutto questo, c’è un significato.

Avevo chiamato quella signora e lei mi aveva detto che stava troppo lontano, a Trento, però mi aveva consigliato un'altra persona, una sua allieva a Firenze che faceva corsi di tessitura ed insegnava all’Accademia. Si chiama Graziella Guidotti. A lei sarò eternamente grata perché ho fatto i miei primi corsi con lei e devo dire che sono stata estremamente felice. Lì ho capito che nel tessere c’è la felicità. Pur essendo un’insegnante abbastanza asciutta, quasi un po’ aspra, lei è talmente precisa, talmente paziente, con una conoscenza profonda e amorevole della tessitura che riesce a trasmettere questo amore anche agli altri. 


Poi ho fatto una specializzazione con un’artista del telaio a Milano, si chiama Paola Besana. È straordinaria, molto calda, parla al cuore. Insomma, questi due incontri mi hanno fatto capire che questa è la mia strada. E quando mi trovai a dover scegliere fra andare a lavorare a New York in una galleria o rimanere a Roma io non ho avuto dubbi. Avevo un telaio a casa, lo usavo la sera, di notte, una specie di hobby, di sfogo, di meditazione. Lavorare al telaio è un momento di riflessione e di creatività, nel silenzio, nella pace. Ci sei solo tu, i tuoi pensieri e le cose che crescono.




Però è chiaro che non è una scelta facile. Vivere tessendo non è semplice, non è un lavoro remunerativo. E così nel 1998 io ed una mia amica abbiamo deciso di partecipare ad un bando per donne che volevano mettere su un’attività imprenditoriale, creativa, artigianale. L’abbiamo fatto con l’idea di aprire un laboratorio. Abbiamo ricevuto i soldi dal comune, abbiamo comprato i telai dai miei vecchi fornitori e abbiamo iniziato l’attività. 

E così è nato Spazio Artigiano. 
Sì, esatto. Spazio Artigiano è l’unione dei miei interessi. Anche perchè ho un’altra grande passione, da quando mi ricordo: mi piacciono gli oggetti. Amo la ceramica, il vetro, i tessuti. E mi piace collezionare, da quando ero la bambina.




Così quando abbiamo deciso che alla tessitura dovevamo aggiungere qualcosa che ci potesse permettere di esistere, allora mi è venuto spontaneo proporre la ceramica e il vetro. Anche perché avendo già lavorato nel mondo dell’arte conoscevo tanti ceramisti. E poi si abbinava bene con i tessuti. Non a caso il luogo si chiama Spazio Artigiano, infatti è un luogo dove si incontrano i saperi del fare con le mani. La nostra aspirazione é quella di creare una vetrina del “Hand Made” tra tradizione e innovazione. 

Che brand rappresentate? Come e con quali criteri li sceglie?
Con noi lavorano Giacomo Alessi, Mona Mohanna, Studio Potomak, C.A.F.F. Design, Sophie Prieur, Sandrine Giraud, Tammy Child, Maria La Rosa, Exquisite, Renato Santarossa ed altri ancora.

Cerco personalmente ogni prodotto, spesso durante i miei numerosi viaggi, ad esempio in Sicilia. Vado anche all’estero, in Germania dove ci sono delle belle mostre di artigianato. Anche in Francia dove c’è una vasta scelta di cose antiche e tradizionali. In Inghilterra c’è un festival del design, loro puntano più sulle cose moderne.

In questo momento in Italia c’è un vero boom dell’artigianato, se ne parla tanto, si organizzano mercati dell’artigianato, tanta gente definisce il proprio lavoro e i prodotti che realizza come artigianali. Non Le sembra un po' esagerato? Che cosa ne pensa?
C’è un po’ di confusione, tra l’artigianato artistico e il fare con le mani. Un conto è saper fare con le mani, cose gradevoli, anche bellissime, di qualità e di buon gusto. Ma l'artigianato è un’altra cosa. Dentro un oggetto artigianale c’è molta sapienza e studio sulla forma, sui colori, saper fare e la tecnica nella quale devi cercare l’innovazione, perché tutti vogliamo progredire e aggiungere qualcosa di nuovo a quello che gli altri hanno già fatto. Vuol dire che qualcuno si mette a tavolino, immagina un oggetto, fa il disegno e poi sa anche realizzarlo. Può nascere un oggetto talmente particolare e innovativo che potrebbe essere considerato un oggetto artistico. Non sempre, perché non tutti gli oggetti di artigianato sono anche oggetti d’arte. Però è chiaro che il processo secondo cui viene realizzato è molto più vicino a quello artistico e non a quello fatto a casa a mano.


E poi le cose artigianali non sono mai perfette o identiche. Per quanto puoi fare sempre lo stesso piatto con lo stesso disegno, non sarà mai uguale, perché la mano è imperfetta. E la sua imperfezione dà la bellezza a quel oggetto. Le cose perfette non fanno parte del mondo dell’artigianato. É l’industria che è destinata a fare le cose perfette, l’artigianato no. 

Ecco una barzelletta che coglie l’essenza dell’artigianato. Un ricco turista arriva in un villaggio in India. Vede una bellissima statuetta e chiede quanto costa. L’artigiano gli dice: “10 dollari”. Allora il turista molto contento la compra e dice: “Mi è piaciuta così tanto questa statuetta che te ne ordino 100!”. L'artigiano lo guarda e dice: “Mi dovrà dare 100 dollari per ogni statuetta!”. Il turista è sbalordito e non capisce: “Ma come?! Una statuetta costa 10 dollari, te ne faccio fare 100 e tu vuoi 100 dollari per ciascuna! Come è possibile?”. Allora l’artigiano gli dice: “Si metta lei a fare 100 statuette tutte uguali.” 

Se dovessi scegliere un solo prodotto di Spazio Artigiano, quale mi consiglierebbe?
La maggior parte degli oggetti qua sono oggetti decorativi. Io sono appassionata delle ceramiche siciliane, perchè molte di loro hanno una storia. All’epoca non erano solo decorative, ma anche funzionali. Io sceglierei un piccolo oggetto che amo tantissimo, è una saliera che si regalava in Sicilia ai matrimoni. Perché i siciliani pensano che quello che ci vuole nei matrimoni è un po' di sale e un po’ di pepe. Però questa saliera ha sopra una civetta, perché più del sale e del pepe ci vogliono la fortuna e la saggezza. E la civetta si sa è il simbolo della saggezza, perché i suoi occhi vedono nel buio, quindi nei momenti difficili e dell’ira. Oggi secondo me ci vuole proprio questo, abbiamo perso la pazienza, mettiamo troppo sale o troppo pepe, non abbiamo più l’equilibrio, non solo nel matrimonio, ma anche nella vita. Invece servono equilibrio e occhio attento al buio per trovare la strada. Io lo trovo un oggetto veramente magnifico.


Ora trova del tempo per tessere?
Sì, certo, io tesso ogni giorno. Lavoro i tessuti di abbigliamento e posso fare anche dei tessuti di arredamento.


Che filati usa?
Mi piace molto il mohair perché riempie gli spazi in modo molto interessante, sembra quasi una ragnatela. Mi piace molto l’alpaca, è morbida, bella e non è regolare e grazie a questo il tessuto vive in un modo diverso. Ogni centimetro quadrato è diverso uno dall’altro. Non uso cachemire perché è molto costoso e non è un filato divertente. É un filato troppo perfetto. D’estate uso il lino, anche questa è una fibra bellissima, molto elastica. Ha una lucentezza che esce fuori piano piano. All’inizio non lo si capisce perché è molto rigido, ma poi una volta lavato e stirato si appiattisce e vedi quanto è brillante. La seta mi piace un po’ meno perché è troppo lucida. Ma io lavoro sete grezze che sono molto piacevoli. Mi è capitato di lavorare anche con i filati particolari, ad esempio di bambù e di ortica.


Che cosa è il lusso per lei?
Per me il lusso è poter esprimere se stessi senza paura, essere, fare, vestire, dire le cose ovviamente con il garbo ed il rispetto verso gli altri, ma essere se stessi. É sempre stato difficile, adesso ancora più difficile, perché siamo tutti un po’ manipolati nei gusti, nel modo di vestire, nel modo di arredare le case, nel modo di pensare alla politica. Ci sono 2-3 tendenze che tutti devono seguire. E stare fuori dalle tendenze è forse la cosa più difficile. Ma è la strada giusta perché aiuta nella crescita personale.

Che cosa le piace del suo lavoro?
Mi piace molto sperimentare, creare i nuovi intrecci. Quasi tutto quello che faccio al telaio è una sperimentazione che non entra nei canoni. 


E mi piace tantissimo questo posto. Ogni volta quando ci ritorno dopo qualche viaggio guardo i miei oggetti che sono tutti i miei figli e mi sento felice. L’unica sofferenza è quando qualcuno non li apprezza abbastanza.


Per Lei non deve essere semplice separarsi dalle cose. Ma a casa butta qualcosa?
Non butto proprio niente. Ho uno splendido metodo che consiglio a tutti. Le cose di troppo le metto nelle scatole che lascio da qualche parte per 1-2 anni. Poi riprendo le scatole, le riapro e rimango stupita. Ogni volta è come se fosse un nuovo incontro, una nuova emozione. Noi cambiamo i nostri gusti, e quello che oggi ci piace meno magari fra due anni ci piacerà tantissimo. Insomma, non butto niente delle cose che ho scelto e che mi piacciono davvero. E ho ancora alcuni oggetti che avevo trovato da piccola, non li ho persi. 

Com'è gestire una boutique nel centro di Roma? Ha dovuto superare tanti ostacoli e difficoltà?
Non ho avuto affatto dei problemi. É un quartiere di artigiani, la gente si conosce, io vivo qui da tanti anni, ci si aiuta, non c’è la rivalità. Quando sono venuta qui, non c’erano ancora tutti questi bei negozi, ma c’erano più artigiani autentici, di bottega. Poi piano piano hanno lasciato il posto, anche perché alcuni erano molto anziani. Al loro posto sono arrivati i giovani e va bene così, il mondo va avanti. 

Ancora qualche parola sul Suo legame con Roma. Che cosa ama e non ama particolarmente di questa città e della sua gente?
Roma per me è stato un grande amore. E i grandi amori non si possano cambiare. Ho barattato Parigi dove avrei dovuto continuare a vivere con Roma. Certo che mi esaspero a volte come tutti i romani, per i tanti problemi. Ma ormai ho organizzato la mia vita in modo da non dipendere dalle istituzioni romane che in realtà centrano poco con la città in se. Roma ha la sfortuna di avere una cattiva amministrazione.

Qualche Suo indirizzo o posto preferito a Roma?
Via Giulia che mi piace tantissimo, una via bellissima, di una malinconia struggente. La c’è un posto, l’Oratorio del Gonfalone, dove fanno dei concerti magnifici. Ha degli affreschi bellissimi. É un posto poco conosciuto ma che amo molto.

Fotografie - Antonio De Paolis

vicolo dei Serpenti, 13